
Il vivaio di via del Bollacchione dove è avvenuto il fatto (Acerboni/FotoCastellani)
Due anni di dissapori familiari, screzi che avrebbero, giorno dopo giorno, avvelenato il clima tra bis-cugini, fino al drammatico epilogo di giovedì mattina alle 9, nel vivaio di via del Bollacchione, dove Sham Paloka 55 anni, originario dell’Albania, ha esploso tre colpi di pistola contro il giovane parente Denis Paloka, 26 anni, ferendolo seriamente a una gamba. Ieri mattina Sham Paloka ha ricevuto, in carcere, la visita del suo legale di fiducia, l’avvocato Andrea Mitresi di Pistoia, un colloquio in previsione dell’interrogatorio di garanzia che si svolgerà lunedì 26 maggio, da remoto, per l’impossibilità di trasferimento del detenuto, davanti al giudice per le indagini preliminari Patrizia Martucci.
"Parlava male di me" sarebbe questo il movente che avrebbe armato la mano di Paloka, incensurato, contro il giovane cugino. Da una prima ricostruzione a infiammare l’animo del cinquantenne sarebbe stato un gesticolare del cugino verso di lui, dall’auto, mentre l’uomo era intento al lavoro. Entrambi sono operai vivaisti. Sham Paloka avrebbe quindi rimesso il muletto nel capannone per poi inforcare la bicicletta e andare a casa, poco lontano, a Canapale. Qui avrebbe preso la pistola (regolarmente detenuta per uso sportivo ed è stato accertato che l’uomo frequentava regolarmente il poligono ), per tornare, in auto, in via del Bollacchione, con l’arma infilata nella cintura. Paloka, in base al suo racconto, avrebbe prima schiaffeggiato il cugino, dal diverbio sarebbe scaturita una collutazione e sarebbero partiti i colpi.
Diversa la ricostruzione in base alle testimonianze raccolte: il giovane sarebbe stato prima colpito alla testa con il calcio della pistola, sarebbe caduto in conseguenza dell’aggressione e, una volta a terra, sarebbe stato raggiunto dal colpo di pistola alla gamba esploso dal cugino. Il giovane, lo ricordiamo, non è in pericolo di vita.
Paloka, in carcere per tentato omicidio, rischia fino a quindici anni di carcere e comincia a rendersi conto delle conseguenze del suo gravissimo gesto. E’ incensurato, ha una famiglia ben inserita e ora, in cella, piange, si dispera e ripete continuamente: "Mi sono rovinato".
lucia agati