LUCIA AGATI
Cronaca

Se il timo salva i libri antichi dalla muffa Lorenzo e la Montagna delle meraviglie

Vagaggini, forestale e studioso di storia, è il nuovo direttore dell’Ecomuseo: "Abbiamo la bellezza in casa e la diamo per scontata"

di Lucia Agati

C’è una piantina, sulle nostre montagne, che ha caratteristiche molecolari uniche e che può curare i libri antichi, salvandoli dalla muffa. Una scoperta eccezionale che dobbiamo ai ricercatori del Cnr. Uno straordinario capitolo che si aggiunge al grande patrimonio dell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, oggi diretto da Lorenzo Vagaggini. Lorenzo, nato a Santa Fiora il 5 luglio del 1969, è un esperto di scienze forestali e il suo lavoro è sui monti da venticinque anni. Nel 2010 si è laureato una seconda volta, in storia, discutendo la tesi in geografia sociale. La Montagna per lui è un tesoro prezioso da custodire e da valorizzare, ogni giorno. Lorenzo è titolare dello studio Star, dove lo affiancano Francesco e Federico, si occupano di progettazione integrata per privati ed enti pubblici nel settore agricolo, riqualificazione dei borghi e rigenerazione di comunità, parole che possono contenere un’idea di futuro.

Quando ha deciso di intraprendere l’avventura dell’Ecomuseo?

"Dopo la seconda laurea in storia sono rimasto in contatto con il laboratorio dell’università e ho seguito con attenzione il lavoro svolto da Manuela Geri per l’Ecomuseo. Mi ha sempre appassionato l’idea di provare a restituire qualcosa sul territorio e così, nell’estate del 2022, ho preso parte al bando dell’Ecomuseo per un ruolo di animazione territoriale, un lavoro sulla comunità".

E’ contento del risultato?

"Non lo so se ho fatto una follia, perchè c’è da integrare questo mio nuovo ruolo con il lavoro, ma ho bisogno di rimettermi in gioco: penso che le risorse sulla Montagna vadano ben oltre la bellezza del paesaggio e ora ho nuovi colleghi e nuovi stimoli".

Che cosa ha trovato?

"Un patrimonio incredibile che è frutto di trent’anni di attività. Il nostro è il primo Ecomuseo in Italia, che comprende la natura, la cultura, l’arte e la storia: basti pensare al museo etnografico della gente di Rivoreta, al museo archeologico di Palazzo Achilli, all’arte sacra di Popiglio, uno scrigno di bellezze, ai percorsi del ghiaccio, della castagna e del ferro. Non stiamo parlando di esperienze comuni".

C’è un progetto che le sta particolarmente a cuore?

"Abbiamo ora un progetto molto ambizioso: il restauro del macchinario della ferriera, dove si batte il ferro con gli strumenti antichi. Si trova alla ferriera Papini di Maresca. Si dice che sia stato inventato da Leonardo: l’acqua precipita in una tromba provocando una variazione di pressione che aziona la macchina. L’obiettivo è smontarlo, restaurarlo, ricostruirlo e rimetterlo".

Ci sono le risorse?

"E’ un testimone che raccolgo da Manuela Geri. All’Ecomuseo fanno capo i Comuni di Pistoia e della Montagna pistoiese, l’Unione dei comuni, la Provincia e la Diocesi. C’è bisogno di intercettare fondi e la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia è un partner fondamentale. Il tessuto di associazioni è il vero tesoro. Con loro, a novembre, ho riempito palazzo Achilli, una ricchezza incredibile, con una grande voglia di mettersi in gioco. In tutto questo vorrei che l’Ecomuseo diventasse il lievito. Una rete, un sistema".

Ci sono i visitatori?

"L’anno prima del covid eravamo a undicimila presenze, poi tutto si è fermato. Ora ripartiamo con la consapevolezza che abbiamo la bellezza in casa e la diamo per scontata: la comunità la deve reclamare. Intanto noi ci diamo da fare per migliorare la comunicazione e la programmazione per rendere più accogliente l’Ecomuseo con la manutenzione e i percorsi in vista della primavera. Penso all’Orto Botanico e al sito archeologico di Gozzano, nell’Acquerino: è un insediamento medioevale visitabile, in mezzo ai boschi di faggi".

Il prossimo evento?

"Il 25 febbraio presentiamo l’archivio sonoro, unico in Italia, con 20 anni di registrazioni dal vivo di canti popolari legati al lavoro, alla guerra, filastrocche. Erano tutti su nastro magnetico, raccolti da appassionati e da etnomusicologi. E ora è tutto salvato su digitale e sarà a disposizone su spotify. Un progetto di Manuela Geri, con brani riarrangiati da Maurizio Geri. La parte scientifica è stata curata dal professor Maurizio Agamennone dell’Università di Firenze: un patrimonio di 900 tracce quasi tutte recuperate e che saranno, per tutti, nella sala d’ascolto di Palazzo Achilli, la nostra sede, a Gavinana".

Ci dice qualcosa di quella piantina prodigiosa?

"E’ il timo. Il progetto è dell’Ecomuseo, finanziato dalla Fondazione Caript. Ci hanno lavorato Giuseppe Corsini delle Roncacce e il Cnr di Firenze, dipartimento di chimica. E’ stato visto che i terpeni (assimilabili al sistema immunitario delle piante), del timo che cresce sulla nostra montagna, possono essere modificati dalla pianta stessa a seconda del luogo in cui nasce e che questi possono prevenire le muffe. Questo profilo terpenico è stato studiato nella conservazione dei beni archivistici di Firenze, che ha visto anche la collaborazione dell’Accademia dei Georgofili. Per le stampe del ’500 il problema è la muffa. Hanno scoperto che i terpeni del timo della nostra montagna posso prevenire gli attacchi delle muffe. I terpeni sono volatili, ma i chimici li fissano con una ulteriore molecola che li stabilizza. In pratica è come la naftalina, che passa dallo stato solido a quello gassoso. Insomma quel timo che calpestiamo in montagna può salvare i libri antichi".