
Il restauratore Alberto Casciani e la storica Vanessa Gavioli (Acerboni/Fotocastellani)
Pistoia, 29 aprile 2019 - Si procederà progressivamente a uno smontaggio virtuale a partire da un modello 3D che permetterà di fare una ‘radiografia’ esatta per diagnosticare gli acciacchi che il tempo – ben 700 anni – gli ha causato. Protagonista è lo straordinario pulpito di Giovanni Pisano, custodito nella chiesa di Sant’Andrea, simbolo di bellezza nel mondo, che da gennaio è nelle mani di un team di professionisti pronti a riportarlo ad antico splendore. La bellezza non ha una formula, ma sarà necessario che per conservarla al meglio il pulpito venga affidato ai numeri per dare risposte sul suo stato di salute. E così, nel giro di circa 12 mesi, saranno le indagini ingegneristiche, petrografiche e geologiche a dare il responso sulla cura. Attualmente esiste un comitato tecnico scientifico che aggrega Soprintendenza e Università, oltre all’Opificio delle pietre dure.
“Il pulpito – spiega Grazia Tucci del dipartimento di ingegneria civile e ambientale – presenta strane asimmetrie e ci si domanda se la configurazione attuale sia voluta o sia frutto di un errore di rimontaggio. L’obiettivo è studiarne le condizioni di vulnerabilità, analizzando il quadro fessurativo ricorrendo a un rilievo di precisione submillimetrica. Ad ora abbiamo un modello 3D intero realizzato con laserscanner, seguiranno poi ulteriori modelli di dettaglio superiore. Per fare ciò il team si avvale anche del professor Bartoli che segue la parte strutturale e del professor Garzonio, del dipartimento di scienze della terra”. Questa attenzione attorno al pulpito, tra l’altro, ha permesso nei giorni scorsi di notare un’anomalia, un distacco di una superficie marmorea, subito arginato grazie all’intervento della responsabile depositi di opere d’arte del territorio per la Soprintendenza Vanessa Gavioli accompagnata dal restauratore Alberto Casciani.
“Il frammento è stato fermato con resina ipossilica – spiegano Gavioli e Casciani, quest’ultimo già intervenuto sul pulpito lo scorso anno per il restauro di una sibilla –. Si è trattato in realtà di una frattura. Un intervento minimo, ma che ha consentito di non perdere il pezzo”. “Come Soprintendenza – aggiunge l’architetto Valerio Tesi – da anni abbiamo cercato di attivare una dettagliata indagine sulle effettive condizioni del capolavoro. Già in passato l’Opificio aveva dato il via a un primo monitoraggio: ora grazie al finanziamento di Friends of Florence questo lavoro può proseguire. Imponente la collaborazione che vede coinvolti molti soggetti, da Marco Ciatti a Riccardo Gennaioli per l’Opificio, passando per Maria Cristina Masdea e il direttore Andrea Pessina per la Soprintendenza, senza dimenticare la piena collaborazione della Diocesi di Pistoia, nelle persone del vescovo Tardelli e di don Luca Carlesi. Vorremmo arrivare all’inizio del 2020 con risultati che ci consentano di partire subito col restauro. In tempi brevi avvieremo anche una campagna di comunicazione per dare notizia dell’intervento che stiamo compiendo”.
“Lo studio approfondito e il restauro – aggiunge la presidente di Friends of Florence Simonetta Brandolini d’Adda – hanno un’importanza vitale per conservare questo capolavoro e offrire alle future generazioni la stessa opportunità che oggi abbiamo noi di poterlo vedere, studiare e fruire secondo i valori che la cultura occidentale ci insegna attraverso l’arte”.