REDAZIONE PISTOIA

Palestre, agonia infinita: "Abbandonati a noi stessi. La ripartenza? Un miraggio"

Rinvio dopo rinvio, decreto dopo decreto non c'è un progetto per le imprese del business: "Paghiamo l'assenza di associazioni di categoria che ci rappresentino"

Attività allo "Spazio Donna"

Pistoia, 12 febbraio 2021 - L’assenza di associazioni rappresentative in grado di creare coesione e quindi amplificare il grido della categoria, ristori che assomigliano più a elemosine, ma soprattutto un non più tollerabile caos normativo che rischia di vanificare mesi di sacrifici e (ormai non più fiduciosa) attesa. Non c’è un’idea di futuro per il mondo delle palestre, una dura prova per i nervi e i conti in banca degli imprenditori del fitness, ultimo anello della catena della ripartenza. La data sul piatto, ma ancora ipotetica, è il 5 marzo con alcune disposizioni paventate dal Comitato tecnico scientifico – lezioni individuali, niente doccia a fine attività e una manciata di metri quadri calcolata per singola persona - e la palla passata al nuovo Governo che decreterà il da farsi. “Lavoriamo in one to one da sempre – commenta Veronica Agostini per Evo, circa 300 clienti per una decina di dipendenti -, l’ipotesi riapertura con lezioni individuali non cambierebbe di una virgola il nostro approccio al fitness. Ma se il ritorno in presenza dovesse slittare ancora, anche il 2021 sarebbe compromesso: tornare operativi vicino all’estate, periodo storicamente scarico per le palestre, non avrebbe senso. Allora si scriverebbe la sentenza e un 30-40% delle palestre chiuderà per sempre. Lezioni on line? Le teniamo, ma al solo scopo di dare un servizio. Non abbiamo la forza di realtà più strutturate capaci di investire anche 100mila euro in una piattaforma”. Virtuale che al momento è l’attività di punta almeno per Palestra Universo, dove “le cose vanno bene, ma – confermano – attendiamo l’attività in presenza, a qualsiasi condizione richiesta”, mentre per realtà più piccole, come lo Spazio Donna di via Borgo Viterbo, rappresenta il 10% del fatturato. “E’ solo un modo per non interrompere il servizio e una soluzione che proponevamo anche prima della pandemia – spiega Simone Bertugelli che tra le fila della palestra conta 600 iscritte -, per il resto proviamo a proseguire con attività outdoor ma neppure il meteo ci viene incontro. La data del 5 marzo? Un’altra illusione e la riapertura con lezioni individuali nient’altro che un modo per incidere pesantemente sul personale. Anche il capitolo ristori è deprimente, lo scorso anno abbiamo avuto 3.800 euro dalla Regione per l’adeguamento al piano Covid che per quanto riguarda noi ha significato un nuovo impianto di aerazione per 30mila euro. Ma peggio di noi stanno le realtà veramente più grandi. Tant’è che proprio nell’ultimo periodo abbiamo ricevuto proposte per rilevare diverse altre palestre”.

Non hanno neppure fatto in tempo ad aprire, che subito hanno dovuto chiudere: accade al Crossfit 51100, 600 metri quadri in via Ferraris, Sant’Agostino: “Siamo qui dal 1° aprile 2019, non intendiamo arrenderci ora, ma certo che andare avanti così è complicato – spiega la socia Giada Donati -. Fa rabbia vedere che le norme vengono decise da chi del settore non sa nulla: il distanziamento qui esiste da sempre, è la disciplina del Crossfit che lo impone. Da noi ‘affollamento’ era 20 persone in 600 metri quadri. Le prenotazioni tramite app, i contingentamenti: tutte cose che da noi esistono da che siamo qua. Gli ultimi soldi dallo Stato sono arrivati il 4 dicembre, quattromila euro per sette mesi di chiusura. Una beffa”. Non ha intenzione di mollare neppure Nicola Andreini che il suo spazio in via dei Macelli, “Solo lei”, l’aveva aperto appena a settembre, mentre per l’attività di crossfit prima in via Desideri era in attesa di trovare una nuova sede: “Chi coinvolgo in questo rischio? E cosa andiamo a scrivere sul contratto d’affitto dello spazio che dovrebbe diventare palestra, ammesso che si trovi chi vuole affittarcelo? Ho qualche fondo in osservazione, ma non mi sento di trattare adesso, pensando per di più di dover avviare anche tutto l’iter negli uffici territoriali che sembra quasi vogliano porre degli ostacoli anziché incentivare. Lo preciso: non sono queste situazioni che mi fermano, sono un imprenditore e accetto il rischio, ma tutto questo mi fa pensare. Oltretutto la categoria palestre paga la mancanza di coesione, l’assenza di un’associazione che ci porti uniti sui tavoli della trattativa”.

linda meoni