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Non solo piante nei vivai del futuro Mati: "Valgono un terzo dei ricavi"

La diversificazione aziendale avanza: adesso l’attività tradizionale pesa "appena" per il 28% nel bilancio. Contano di più progettazione giardini e formazione (34%) insieme al settore agroalimentare (30%)

Fino a qualche anno fa era inimmaginabile. Semplicemente impensabile. Nemmeno gli imprenditori più visionari né gli esperti più addentro al settore avrebbero scommesso un centesimo che alcune aziende vivaistiche avrebbero diversificato le loro attività. Un passo alla volta, quasi con circospezione. "Per vedere l’effetto che fa", avrebbe detto Jannacci. E l’effetto, almeno in "casa Mati" dev’essere stato straordinario, se è vero che nel bilancio 2021 le attività vivaistiche rappresentano meno di un terzo del totale (il 28 per cento, per la precisione), preceduto da progettazione giardini e formazione (34%), agroalimentare (30%) e seguito soltanto dalla ristorazione (8%). Eppure è andata davvero così, come spiega Francesco Mati: "Molti pensano che se la famiglia ti lascia l’azienda sei nato con la camicia. Dipende, però, dal tipo di azienda. Noi tre fratelli (oltre a Francesco, il maggiore Andrea e il più giovane Paolo, ndr) siamo entrati a lavorare in un’azienda in difficoltà. Difficoltà che nel dopoguerra si erano accresciute notevolmente, al punto che alla fine degli anni Sessanta una serie di repentini cambiamenti nelle leggi che regolano le attività misero a rischio l’esistenza stessa dell’azienda di famiglia".

E’ stato proprio in quel difficile frangente che la famiglia Mati ha capito che per sopravvivere prima e crescere poi, era necessario diversificare. E del resto nel campo dell’agricoltura la diversificazione è un elemento fondamentale.

"La monocoltura – prosegue Framncesco Mati – è sempre stata un rischio ed è un aspetto che avrebbe dovuto far riflettere tutti: se coltivi solo patate e arriva una malattia improvvisa rischi di non poter mangiare per un anno. Ma se hai tre, quattro tipologie diverse di coltivazioni forse guadagni meno, ma dividi per tre il rischio. E se le patate si ammalano hai le altre due colture per poter mangiare. Certo, la crisi ha colpito duro anche la nostra azienda, ma la differenziazione ci ha aiutato ad assorbirne meglio gli effetti. Differenziare costa più fatica, perché porta a sfide continue e diverse ogni giorno in settori diversi. E a volte le cose possono andare anche male perché hai meno sicurezze".

E così, dopo alcuni esperimenti, nel 1999 la famiglia Mati decide di aprire Giardineria Italiana e Studio Mati per la progettazione. Poi è stata la volta del ristorante Toscana Fair e dell’Accademia Italiana del Giardino, che si occupa di formazione a vari livelli. Infine, un anno fa, è arrivata la Società Consortile Legnaia (ex Cooperativa di Legnaia) col settore agroalimentare.

"Abbiamo attraversato così gli ultimi 14 anni – conclude Francesco Mati – con crisi economiche mondiali, recessione, Covid-19 e ora la guerra in Ucraina. Non indenni ma neppure troppo acciaccati. Per un settore che fletteva ce n’era un altro che cresceva. ‘Poggio e buca fanno pari’, verrebbe da dire scherzando. Non è proprio così ma rende l’idea. C’è poi un fattore per me importante: ricordate la nave cargo che bloccò il Canale di Suez? L’inizio delle speculazioni commerciali globali è partito da lì. Se i container che portava fossero stati divisi su tre navi cargo più piccole e agili, forse sarebbe costato poco di più, ma il rischio che s’incagliassero sarebbe stato inferiore. Tre navi di medie dimensione sono più agili di una super-cargo grande come una collina, possono curvare più in fretta e aiutarsi a vicenda in caso di difficoltà". La ricetta, fa capire Francesco Mati, è proprio questa.

Davide Costa