
L’allora giovane calciatore sbarcò in Europa per giocare per la Pistoiese. Un fallimento diventato leggenda. Venerdì è finalmente tornato in Italia.
Dai sei minuti concessi da Ferruccio Valcareggi a Gianni Rivera nella finale del Mondiale di "Mexico 70" con il Brasile di O Rei Pelè, alle sei presenze di Luis Silvio Danuello in serie A con la maglia della Pistoiese. Il decennio calcistico 1970-80 può essere riassunto anche così. Dall’Italia a un passo dalla vetta del mondo alla riapertura delle frontiere dopo lo stop imposto da Lega Calcio e FIGC nel 1966, all’indomani del Campionato del Mondo in terra inglese e della clamorosa sconfitta azzurra con la Corea del Nord. Luis Silvio Danuello, in questi giorni tornato a riabbracciare dopo 44 anni la sua Pistoia (è in città dopo svariati annunci social del ritorno), fu uno degli undici stranieri che arrivarono nel massimo campionato. In quella sua prima e unica stagione nel Belpaese, con appena sei gare giocate appunto, Luis Silvio assurse subito a sinonimo di bidone: negli anni, poi, quel fallimento entrò nei miti e leggende del pallone, tanto che oggi il suo nome non è conosciutissimo soltanto a Pistoia, ma in tutto lo Stivale. Ma fu un vero bidone pallonaro? In Italia non lasciò traccia tecnica del suo passaggio, questo è poco ma sicuro. In realtà, la carriera del giovane prelevato dal Ponte Preta dall’allora società guidata da Marcello Melani fu senza infamia e senza lode. Era un’ala destra, agile e scattante, ma utilizzato come centravanti fu sovrastato dai pochi difensori che ebbero il piacere di affrontarlo.
Il club andò a visionarlo in Brasile e in quelle partite Luis si erse a protagonista, inducendo i nostri a esaltarsi: sì, quel ragazzino poteva fare al caso della neopromossa Pistoiese. Ecco, proprio i 20 anni dell’allora Silvio pesarono moltissimo, in una squadra in larga parte "esperta". Nonostante qualche amico brasiliano in città (su tutti, Gambetta), Silvio si trovò catapultato in un ambiente nuovo, alle prese con un calcio decisamente più veloce e in un Paese dal clima differente (patì l’autunno-inverno freddo). Già dall’esordio di Torino, contro i granata, si capì che nel nostro calcio avrebbe avuto vita difficile. Per lui 431 minuti in campo, un incontro in Coppa Italia, l’ultima presenza in arancione il 29 marzo 1981 a Perugia. Sebbene fosse stato già accantonato in autunno, giovani e giovanissimi tifosi arancioni lo cercavano per un autografo anche a fine annata, con la Pistoiese ormai condannata alla retrocessione.
Dopo 44 anni dopo, nulla è cambiato: in piazza della Sala, dove si è recato insieme ai familiari, è ancora tempo di foto, firme, risate e ricordi. Probabile che termini la sua visita pistoiese con un’iniziativa ufficiale del club del presidente Iorio: l’amministratore delegato Fabio Fondatori è al lavoro per celebrarlo.
Gianluca Barni