LUCIA AGATI
Cronaca

"L’avrei salvata in capo al mondo": la mamma di Kelly racconta l’incubo

La giovane, dopo il lungo ricovero, è stata sentita dal magistrato

Da sinistra l'avvocato Alberto Russo, Kelly Bonacchi e la madre Sabrina

Pistoia, 13 dicembre 2015 - CI SONO le cicatrici lasciate dalle coltellate, almeno trenta, profonde, e forse indelebili, e ci sono le cicatrici dell’anima, profondissime e sicuramente indelebili, che una ragazza di poco più di vent’anni si porterà sempre addosso, senza poter mai dimenticare la notte in cui ha pensato di morire e che con il poco fiato che aveva ha affidato, a sua madre, che la trascinava di peso fuori dal bosco, il suo bambino. Sabrina e Kelly, Kelly e Sabrina se prima erano unite dal legame indissolubile tra madre e figlia ora sono un’unica anima perchè Sabrina ha dato la vita due volte alla sua Kelly: quando l’ha messa al mondo e quando l’ha strappata all’uomo che, dopo le trenta coltellate, stava cercando di strangolarla.

E ieri mattina Kelly, con fermezza e coraggio, anche se ancora provatissima dalla tragedia che l’ha sfiorata, nella notte fra il 9 e il 10 ottobre scorso, nei boschi di Fagno, nel marlianese, ha rivissuto quell’incubo davanti al sostituto procuratore Claudio Curreli, che dirige le indagini dei carabinieri su quello che, per miracolo, non è diventato un femminicidio.

KELLY è arrivata accanto alle due persone che sono per lei, due colonne: la madre Sabrina e il suo legale, l’avvocato Alberto Russo. Non ha pronunciato una parola, non ce la fa ed è Sabrina che, ancora una volta, prende la parola per lei. «Kelly non parla – ci ha detto nell’atrio del tribunale – Non se la sente. Non ha superato la paura. Non ha superato il trauma di chi ha visto la morte in faccia. Lui la stava strangolando quando sentì la mia voce e allora la lasciò andare e mentre la tiravo fuori dal dirupo le mi disse: “Mamma muoio, pensa al bambino“. Ora viviamo una vicenda paradossale. Lei va avanti con difficoltà, ma il suo pensiero principale è il bambino. E’ dura, ma lei è forte. Un giorno parlerà e dirà di avercela fatta.»

In tutte le storie che raccontano l’orrore quotidiando del femminicidio Sabrina è l’unica mamma che può dire di aver strappato la figlia dalle mani del suo assassino.

«L’avrei salvata in capo al mondo – ci ha detto ieri – ringrazio il Signore per averci aiutato e anche l’angelo che ha vegliato su di lei e sono sicura che è mio fratello Stefano Canigiani che è morto di cancro a 34 anni. Lui è stato il suo angelo custode, lui le ha dato la forza oltre a quella che è scaturita dal pesniero per il suo bambino, la cosa più importante della sua vita». Sabrina ha parole di profonda gratitudine per i carabinieri di Marliana e per l’avvocato Russo. «Noi, come famiglia – sottolinea Sabrina – siamo molto religiosi e molto uniti e siamo tutti per lei. Questo Natale sarà bello perchè lei c’è e c’è il bambino. La notte del 9 ottobre ho rischiato di perderla, ma è qui, anche se il dolore non può più passare».