REDAZIONE PISTOIA

"Il cashmere, come non lo fa più nessuno"

Tradizione e innovazione nei progetti dello storico maglificio Beby di Agliana. Un percorso di qualità iniziato quasi ottanta anni fa.

La nonna Maria faceva le maglie in casa. Le produceva con una vecchia macchina a mano. La domenica, dopo la messa in chiesa, la gente andava da lei ad ordinargliele e quella successiva, passava a riprenderle. Pronte e confezionate. Erano gli anni ‘30 del secolo scorso e oggi l’attività di nonna Maria, che nel frattempo si è trasformata in un’azienda solida quanto storica, si appresta a passare il testimone alla quinta generazione di imprenditori.

Parte da qui la storia del maglificio Beby di Agliana, che conta oggi dipendenti specializzati in mansioni rarissime, figure professionali in via di estinzione e una dimensione industriale importante, che ha superato nel tempo le varie crisi e affronta con rinnovata voglia di lavorare il post lockdown: "Siamo un piccolo sponsor – spiega Stefania Nerozzi, moglie del titolare Fausto Reali Vannucci – ma siamo anche una realtà unica nel suo genere, nella lavorazione del cashmere che è tutta interna. Da noi arriva il filo ed esce il prodotto già studiato nei particolari, disegnato, elaborato, finito, lavato, stirato, profumato e confezionato. Non lo fa più nessuno. Laviamo anche il capo in cashmere donandogli una nostra speciale profumazione. Il lavaggio in fabbrica, anch’esso pratica in disuso, è importantissimo – spiega l’imprenditrice – affinchè poi il capo non si restringa durante la pulizia a casa".

Nonna Maria Cangioli cominciò lavorando nella produzione e commercializzazione alla buona di maglie fatte in casa, con la macchina a mano. La dimensione industriale di quella che si trasformò poi in azienda arrivò nel 1952 con i nonni Aldo e Marcella Cangioli, che investirono nel loro sapere fino a giungere alla quarta generazione della famiglia di industriali con il figlio Fausto Reali Vannucci e la moglie Stefania Nerozzi, che attendono di passare il testimone al figlio Alessandro e Maria Giulia. "Siamo una delle ultime realtà rimaste a lavorare così – prosegue Stefania Nerozzi con il marito Fausto – ed entrare nella nostra fabbrica è un’esperienza emozionante. Vengono in visita le scuole e le università, l’ultima, pochi mesi fa, quella americana del Massachusetts. Lavoriamo ancora con alcuni vecchi telai Cotton, che hanno fatto grande la maglieria italiana negli anni ‘50, e alla meccanica, dove ancora impieghiamo operai specializzati, abbiamo accostato l’elettronica. Il nostro ciclo di produzione è totalmente interno e abbiamo ancora figure professionali che non si trovano più come l’occhiellatrice, le rammendine e la maestra magliaia. Per noi il Made in Italy è un orgoglio ed entrare in fabbrica è sempre emozionante".

Arianna Fisicaro