
Malucchi ha 25 anni e lavora nel più grande laboratorio al mondo nella ricerca scientifica sulla fisica delle particelle elementari "L’offerta lavorativa in Italia è minima, anche dal punto di vista salariale".
PISTOIA
Collisioni tra particelle. Ecco, in maldestra sintesi, cos’è che accade quotidianamente sotto ai suoi occhi. Qualcosa che in sostanza ha a che fare con il bosone di Higgs e che dall’infinitamente piccolo ha applicazioni fino all’infinitamente grande. Alle cui dipendenze, insomma, stanno molte delle dinamiche che regolano il mondo. La sensazione di star facendo qualcosa di davvero importante e decisivo è forte e appartiene anche a lui che è in prima linea, Matteo Malucchi, 25enne pistoiese che ha per ufficio il Cern di Ginevra, ovvero il più grande laboratorio al mondo operativo nella ricerca scientifica sulla fisica delle particelle elementari.
Un "cervello in fuga" si direbbe insomma, che partito dal liceo scientifico Salutati di Montecatini ha proseguito negli studi all’Università di Pisa, incassando il massimo dei voti con lode sia alla laurea triennale sia a quella magistrale. Dedicandosi fin da subito proprio a quella particella elementare straordinariamente centrale quale è il bosone di Higgs. "Che la fisica sarebbe stata la mia strada l’ho capito quasi da subito, al liceo – racconta lui -. E che questa strada mi avrebbe infine portato al Cern è stato evidente con la laurea magistrale, indirizzo fisica delle particelle. La mia tesi magistrale l’ho fatta proprio con uno degli esperimenti del Cern".
Oggi Malucchi tecnicamente è inquadrato come dottorando per l’Eth di Zurigo, nonché membro di uno degli esperimenti del Cern, il Cms, Compact Muon Solenoid. Sigle e anglicismi a parte, per comprenderne la portata basti dire che proprio questo esperimento ha portato nel 2012 alla scoperta del celebre Bosone di Higgs. E per parlarne ai non addetti ai lavori, che comporta studiare l’infinitamente piccolo? "Studiare questi argomenti – spiega Malucchi – serve a portare avanti la conoscenza della fisica a livello più fondamentale possibile. Parliamo di particelle molto più piccole di atomo e nucleo, il che significa comprendere cosa accade a livello sub nucleare". Per il giovane dottorando il percorso prima a Zurigo all’Eth - "una delle migliori università per output scientifico: da qui vengono molti dei premi Nobel del settore" - e quindi al Cern durerà intanto altri quattro anni, ma è assai probabile che la sua permanenza fuori dall’Italia sia destinata ad allungarsi ancora oltre quella scadenza.
"La vita qui è gratificante, sotto ogni punto di vista – dice lui -. Dopo il dottorato? Non credo di far rientro in Italia. Almeno non subito, se vorrò come credo continuare con la ricerca. L’Italia tornerà ad essere un’opzione probabilmente se e quando diventerà professore. L’offerta post-doc in Italia è davvero minima ed è per questo che a malincuore mi sentirei di suggerire anche ad altri di lasciare l’Italia. C’è poi anche una questione salariale: per i dottorandi in Italia si parla di mille, 1.300 euro. Una cifra decisamente non paragonabile a quella che si percepisce qui in Svizzera, che definisco comunque ‘normale’. Oggi mi ritengo contento e soddisfatto. Certo, fare ricerca qui comporta un certo stress. Ma è soprattutto bello e stimolante".
linda meoni