
di Giacomo Bini
"Mio figlio riesce a dire poche parole e una di queste è "piscina", quando sente quella parola gli si illuminano gli occhi e non posso spiegargli cosa sta succedendo e perché non possiamo andarci più". E’ la testimonianza della mamma di un bambino autistico di 4 anni che faceva attività terapeutica in acqua alla piscina provinciale di Montale gestita dalla Cogis, prima che fosse chiusa dal Dpcm del 24 ottobre.
"In questo genere di attività terapeutica – dice Paola (nome di fantasia che usiamo per dovere di riservatezza, ndr) – la continuità è fondamentale, i piccoli progressi si possono vedere dopo lungo tempo e nel momento in cui si interrompe si crea al bambino un forte disagio e si rischia di perdere il lavoro fatto nel corso di un anno e mezzo. Oltre alla terapica, mio figlio aveva da poco iniziato a fare un corso di nuoto con un altro bambino, che può sembrare una piccola cosa ma invece è un momento di condivisione importantissimo. I risultati di questa attività non si vedono subito ma quello che si può vedere immediatamente è che mio figlio quando tocca l’acqua è felice".
L’attuale, grave disagio di questi bambini e delle loro famiglie è accresciuto dal fatto che sono usciti da pochi mesi dalla lunga sofferenza del lockdown. "E’ difficile spiegare cosa vuol dire per dei genitori – dice ancora Paola – ritrovarsi da soli e doversi improvvisare fisioterapisti e educatori e vedere che i nostri bambini diventano invisibili e per la società escono di scena. Così ora dà un grande fastidio sentire che la piscina viene considerata non essenziale, come se fosse qualcosa di ludico, mentre per noi e i nostri figli è qualcosa di vitale. Oltretutto – insiste la mamma – nella piscina di Montale erano state adottate tutte le misure di sicurezza e gli istruttori stavano in acqua con la mascherina. Speriamo che si ripensi a questo provvedimento e si facciano le scelte giuste, e io possa nuovamente dire a mio figlio che si va in piscina e vederlo sorridere".
Anche Carla (nome di fantasia di un’altra mamma, ndr) portava sua figlia di 5 anni alla piscina di Montale una volta la settimana. "La piscina ci è stata consigliata dalla dottoressa – dice – facciamo un sacrificio per portarla ma siamo molto contenti perché la vediamo felice, non fa altro che dire andiamo in piscina e poi c’è un apporto terapeutico di grande importanza. E’ fondamentale che per una bambina come la mia ci sia qualche altra attività oltre alla scuola dell’infanzia e al centro di riabilitazione, qualcosa che le dia davvero piacere. Oltre tutto la piscina di Montale è un ambiente perfettamente sanificato, molto meglio di altri". "La nostra attività con questi bambini – spiega l’istruttrice della Cogis, Letizia Lucchesi – è concordata con i terapisti ed è complementare alla terapia svolta nei centri di riabilitazione. Lavoriamo insieme a fisoterapisti, logopedisti, neuropsichiatri. L’acqua ha un grande potere miorilassante e i bambini traggono notevole giovamento da questa attività, sia dal punto di vista motorio che psicologico. Ma è un beneficio che richiede continuità, se si interrompe si fanno subito passi indietro enormi".