di Lucia Agati
Come si sta lasciandosi alle spalle anni intensissimi di vita pubblica per tornare alla “quiete accesa” della vita familiare di marito, padre e nonno, salvo tuffarsi nel suo regno, più che secolare, di saponette, dopobarba e detersivi? Si sta aspirando a passeggiate fotografiche e guardando ogni angolo dell’amata città pensando che poi, in fondo, potrebbe ancora contribuire alla sua crescita, sempre alla luce della sua sfolgorante bellezza. Stefano Morandi, che da un mese, dopo tanti anni, non è più il presidente di Confcommercio, è tutto in questo semplice teorema, mentre vive giorni di grande vivacità, assaporando una vita completamente nuova.
Pistoia è da sempre la sua città?
"Sono nato in casa, il 3 dicembre del 1955, a Pistoia, in vicolo Brontola, dove ho sempre vissuto e vivo, accanto al laboratorio della pasticceria Cappellini che diffondeva il profumo di crema tra le mura. Sono sposato con la mitica maestra Daniela Cappellini, che ora fa la nonna a tempo pieno dei nostri nipotini, Leonardo e Maria Vittoria".
Cos’è vicolo Brontola per lei?
"Vicolo Brontola è la spensieratezza, era il mio luogo insieme a piazza d’Armi, dove insieme a tanti ragazzi andavamo a giocare a pallone. Avevamo otto, nove anni e andavamo in piazza da soli, senza pericoli di alcun genere. Si partiva alle tre del pomeriggio e si tornava alle sette di sera. Non c’erano telefonini, nè altro, ma le nostre famiglie erano tranquille perchè sapevano che eravamo tutti lì. Altri tempi".
Dove ha studiato?
"Al Pacini, dove mi sono diplomato ragioniere. Sono stato allievo di Gabriele Zollo, che insegnava diritto e finanza e che mi ha fatto appassionare alla materia, poi la mia seconda casa è stato il negozio di via Curtatone e Montanara, a due passi dal vicolo Brontola. Sono partito dalle mansioni più umili, mettevo a posto le fatture e affrancavo, affiancando così il babbo Vico e lo zio Lapo, che furono in società fino al 1990, quando poi io ripresi la mesticheria e lo zio aprì il negozio di cornici".
L’azienda di famiglia ha fatto la storia del commercio a Pistoia...
"All’inizio la ditta era A e G Fratelli Morandi, Antonio, il nonno, e Giovanni. Erano diversi fratelli ed erano tutti commercianti. La fondazione dell’attività risale al 1889, poi furono Mobili Morandi, in via Frosini, ed era il 1915, la drogheria all’angolo d San Paolo, per tanti anni, la ferramenta di via dei Fabbri. Mio nonno Antonio fondò nel 1889 la mesticheria di via Curtatone, fino a oggi, dove mio figlio Andrea rappresenta la quarta generazione".
Come si sente dopo aver deposto quasi tutte le cariche?
"Ora si torna alla normalità dopo dieci anni dove ho sofferto la fame di tempo. Non mi bastava mai. Ho trascurato la famiglia, comunque sostenuta da una grande donna. Oggi sono più rilassato, vivo la vita con maggiore tranquillità anche se in una situazione impensabile che è quella che stiamo vivendo".
Ha dei suggerimenti per i giovani?
"Sono sicuro che questo momento darà opportunità ai giovani. Ora c’è poca mobilità, ma dovrebbero comunque essere stimolati a nuove attività. Faccio un esempio: in occasione di Pitti leggevo di un’azienda che fa tessuti riciclando reti da pesca e realizzando abiti poi ancora riciclabili. Cose quasi banali, eppure a volte basta una scintilla. La parola dominante oggi è ecosostenibilità e questo vuol dire nuove soluzioni e nuove idee. A me sono piaciuti anche i monopattini. Stiamo parlando di ambiti nuovi. Nei momenti di grandi transizioni possono sorgere opportunità importanti".
Cosa fa nel tempo libero?
"Non ho mai avuto un hobby particolare, non ho mai avuto tempo, perchè ho sempre lavorato dieci ore al giorno. Vado a vedere la Pistoiese. Mi ci portavano da bambino e mi è rimasta la passione. Vorrei dedicarmi alla fotografia (sempre Reflex), fare qualche viaggio, stare un po’ al mare".
Ma lei ama troppo Pistoia per rimanere con le mani in mano...
"Ora sono in una fase in cui mi sento arrivato, o meglio, appagato. Ho maturato tanta esperienza che vorrei rendermi utile per la mia città. Perchè io mi sento pistoiese fino al midollo, E se ci fosse qualcosa che posso fare ecco...potrebbe piacermi".
Su cosa investirebbe?
"Sulla mentalità delle persone, sullo spirito imprenditoriale del pistoiese medio. Perchè non farsi contagiare dalla voglia di fare dei cugini pratesi? Il nostro non è mai un “sì“ pieno. Si rischia meno, ma si perdono tante opportunità. A volte penso alle rotonde come soluzione al traffico: siamo arrivati dieci anni dopo Prato. L’immobilismo non aiuta".
E cosa apprezza della città?
"La bellezza. Abbiamo una piazza del Duomo meravigliosa. C’è un grande potenziale. Passerà la pandemia, un po’ di soldi arriveranno per valorizzare questa perla nascosta, e poi anche noi potremo dire la nostra. Incoraggio chi può a fare sistema. Senza andare in ordine sparso. Vedo sempre più centrale il ruolo della Fondazione Caript, un soggetto indipendente, con disponibilità, guidato in maniera eccelsa. Un partner indispensabile".