
Il Comitato per Vicofaro ha incaricato ufficialmente un legale che rappresenti tutti i cittadini coinvolti davanti alle istituzioni, che potrebbero essere tutte chiamate a risarcire i danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti dai residenti da quando è iniziata la difficile convivenza con la comunità dei giovani migranti accolti nella parrocchia di Santa Maria Maggiore, il cui numero ancora oscillerebbe tra i centocinquanta e duecento giovani tra quelli stanziali e quelli che vi transitano. Don Massimo Biancalani, come è noto, non ha mai voluto rinunciare all’accoglienza: "Non lascerò mai nessuno per la strada" ha sempre detto, ma le persone che vivono nel quartiere hanno da tempo lamentato problemi di carattere igienico-sanitario e di ordine pubblico per i quali, tra i privati, c’è già chi si è rivolto al tribunale civile e amministrativo e chi, invece, ha presentato denunce in procura. Le questioni sono state esposte nel corso di una conferenza stampa che si è svolta ieri pomeriggio in via Borgognoni alla presenza dei residenti, dei componenti del Comitato per Vicofaro e dell’avvocato Alberto Barni del foro di Pistoia che, da ora in poi, tirerà le fila giuridiche di questa vicenda.
"La scelta di rivolgersi a un legale – ha spiegato l’avvocato Barni – è dovuta al fatto che i residenti, per anni, hanno tentato informalmente di chiedere l’intervento di tutte le istituzioni coinvolte. La situazione sembrava normalizzata soltanto durante il covid, per le limitazioni delle presenze, ma ora siamo di nuovo a 150-200 persone in un luogo che ne potrebbe ospitare al massimo 20. A fine 2022 è nato il Comitato per Vicofaro con la speranza di potersi sedere ai tavoli istituzionali. Poi i cittadini hanno chiesto l’aiuto di un legale che affrontasse la portata giuridica dei vari aspetti, primi tra i quali i danni patrimoniali. E’ capitato, negli ultimi mesi, che qualcuno abbia provato a vendere casa. I tecnici – ha spiegato Barni – hanno riferito che il valore era totalmente dimezzato e ci sono agenzie che si sono rifiutate di prendere in carico questa zona, un tempo tradizionalmente residenziale. Così, chi non vuole più vivere in un contesto di degrado, è di fatto prigioniero. Ho scritto al Comune, alla Diocesi, alla Parrocchia, alla Prefettura e quindi al Ministero dell’Interno. A tutti è stata inviata una diffida a ripristinare la situazione in presenza di danni. Senza riscontri. E poi – ha concluso il legale – ci sono i danni non patrimoniali rappresentati dalla sicurezza e dalla salute delle persone, dai problemi notturni, dagli schiamazzi. Ci sono persone che non aprono le finestre da cinque anni. Hanno diritto ad avere delle risposte".
l.a.