
Rita Palladino
Pistoia, 31 dicembre 2015 - HANNO visto cose che voi umani...gente che guida con i gomiti mentre le mani sono impegnate a inviare messaggini, cellulari che si dissolvono immediatamente alla vista della pattuglia ed equilibristi del volante con il telefonino all’orecchio, nella mano destra, e la sinistra pronta a correre sulla leva del cambio in una contorsione da circo. Non soltanto la situazione è preoccupante, ma è nettamente peggiorata rispetto allo scorso anno. Dati alla mano, il vicequestore aggiunto Rita Palladino, al comando della Stradale di Pistoia, si prepara a impugnare l’arma delle prevenzione con un obiettivo che è ambizioso quanto nobile: è la cultura che deve cambiare, tutti devono capire quanto sia pericoloso guidare in presenza (ovvero in mano), di una fonte di assoluta distrazione qual è il cellulare, con tutte le sue mirabolanti funzioni e connessioni.
«Ce la farò», si propone Rita, forte della sua grande preparazione giuridica e della passione personale per la sociologia e la psicologia, che approfondisce continuamente, e della sua incisiva caparbietà, tutta napoletana. Una donna luminosa e diretta Rita Palladino che fa parlare, prima di tutto, i numeri. «Nel corso del 2015, fino a questi ultimi giorni – ci spiega –, i verbali per l’uso del telefonino alla guida delle pattuglie del comando di Pistoia ( per tutto il territorio di competenza e quindi anche in autostrada), sono stati 1281. Oltre a questi ce ne sono stati 10 per conducenti neopatentati che si sono visti così raddoppiare la decurtazione dei punti, e altri 36 verbali sono stati contestati a persone recidive e qui c’è stata anche la sospensione della patente, ritirata su strada». Ma è particolarmente rilevante l’aumento di questi casi rispetto al 2014, che sfiora il 20 per cento. Le multe per guida con il telefonino lo scorso anno furono infatti 945, più 9 verbali per neopatentati e 20 per i recidivi, che sono quindi quasi raddoppiati.
«E’ una malattia sociale – scuote la testa il vicequestore Palladino – dove il problema è la distrazione. Quanto sia ancora lontana la percezione dei pericoli che si corrono, e si fanno correre anche agli altri, lo si vede dalle motivazioni dei ricorsi, che fanno rabbrividire. Si leggono cose del tipo "stavo mandando un messaggio urgente...". E il dato in aumento, sia ben chiaro, è quello delle patenti “mature“ non dei giovani patentati da poco. La comandante ribadisce che il Codice della Strada non vieta di parlare al cellulare quando, in auto, vengono usati viva-voce e cellulare (multa anche se si tiene il telefonino in mano, con il viva-voce), ma sanziona l’uso, mentre si guida, nelle sue varie funzioni. «Tante variabili possono distrarre il conducente – chiarisce la dottoressa Palladino – anche controllare i bambini seduti dietro, ma il cellulare è la distrazione all’interno dell’abitacolo è un mondo che entra nell’abitacolo dell'auto con il suo corredo di emozioni come i selfie. Usare il cellulare oggi significa concentrarsi sui suoi contenuti emotivi: è un oggetto di culto che ha un posto indispensabile nella vita delle persone, fino alla dipendenza, ma in quei secondi in cui vengono mandati messaggi senza guardare la strada, l’auto va avanti lo stesso. Avanti fino alla possibile tragedia». NESSUN posto di blocco fa in tempo a rilevare il «furbetto del cellulare», perchè alla vista della pattuglia i telefonini spariscono. Il Comando della Polizia Stradale di Pistoia ha sperimentato, da qualche tempo, e con successo, la strategia delle auto-civetta, con i poliziotti in borghese a bordo che seguono i malandrini con il cellulare all’orecchio, poi li sorpassano e si rivelano con lampeggiante e paletta. «Ma ogni automobilista – sottolinea la comandante – dovrebbe sempre pensare che alle sue spalle c’è un’auto civetta».
Il vicequestore aggiunto Rita Palladino spera, per il prossimo anno, di poter mettere a punto un piano di prevenzione che possa contribuire a un cambiamento culturale sul tema della sicurezza soprattutto per quanto riguarda l’uso del cellulare alla guida. «In questo caso – osserva – la repressione è nata con il cellulare stesso perchè, per esempio, andando indietro nel tempo, per tanti anni si è viaggiato senza cinture e senza casco e la cultura della sicurezza si è fatta poi lentamente spazio. Una cultura che invece fallisce con il cellulare, mentre è alta adesso la sensibilità sulla visibilità dei ciclisti e dei pedoni, che sanno di dover indossare oggetti e capi colorati, così come è passato, tra i giovani, il concetto che, nelle loro serate, chi guida non beve, e questo è un grande risultato. Ora è necessario che questo meccanismo di autotutela scatti anche per il cellulare alla guida. Io non mi arrendo. Ce la faremo».