A Pisa, prima in Italia, nel 1969, è nato il corso di laurea in Informatica. La Nazione sta raccontando questa storia grazie a Maurizio Gazzarri, cultore e studioso della materia nonché autore del romanzo "I ragazzi che scalarono il futuro" (ed. ETS). Le precedenti puntate sono state pubblicate nel 2019 il 2 giugno, 21 luglio, 4 agosto, 4 settembre, 9 ottobre,
3 e 10 dicembre
di Maurizio Gazzarri
PISA
"Servirebbero le quote rosa anche nell’informatica!". Non usa mezze frasi la professoressa Linda Pagli, colonna portante dell’informatica pisana e una delle menti più lucide quando c’è da parlare del rapporto tra umanità e tecnologia. Il suo studio presso la ex Marzotto sembra ordinato applicando alla realtà quel rigore usato nel creare algoritmi e trasferendo ai suoi tanti studenti metodo e precisione. In bella vista un gioco in legno apparentemente semplice, le Torri di Hanoi: esempio classico sul quale gli studenti continuano ad arrovellarsi per comprendere concetti come algoritmi ricorsivi e complessità computazionale. Linda Pagli è stata tra le prime persone a laurearsi in Scienze dell’Informazione, cioè in Informatica; anzi, è stata la prima donna a completare l’intero corso di studi di quattro anni. Era il luglio del 1973 e tutto lasciava presagire che il suo contributo all’informatica italiana sarebbe stato di estrema qualità. Inoltre, è un’ottima divulgatrice scientifica: collabora con la rivista Prisma e scrive testi accessibili a tutti, come "Algoritmi, divinità e gente comune" edito da Ets. Sempre per la pisana Ets è appena uscito il suo primo romanzo, scritto a quattro mani con Fabrizio Luccio: "Storia sconosciuta di Evariste Galois, matematico e rivoluzionario".
Perché scelse Scienze dell’Informazione, facoltà nuova?
"È stato un caso! Io ho due anime, una scientifica e una sportiva. Il mio sogno era diventare allenatrice federale e dopo il diploma mi stavo preparando per entrare all’Isef. Ma ero anche molto brava in matematica. Mentre attendevo l’esame per l’Isef, il mio amico Pippo Torrigiani, figlio del professor Guido Torrigiani, all’epoca direttore del Cnuce, mi consegnò un volantino che descriveva la nuova facoltà: parlava di “Teoria dei giochi”, “Cibernetica”, “Intelligenza artificiale” e la mia curiosità si accese".
Poi cosa successe?
"Incontrai il professor Torrigiani che, seduta stante, mi sottopose a un quiz di logica. Al termine mi disse “Vai tranquilla, ce la puoi fare!”. E così, invece dell’ISEF, mi ritrovai con soddisfazione a Scienze dell’Informazione. Venivo da Livorno, dove mi sentivo un pesce fuor d’acqua; fu semplice decidere di venire nella Pisa del ’69, ancora in pieno fermento per i movimenti studenteschi e politici. A informatica c’era gente da tutta Italia, dal nord al sud, tutti bravissimi. Del resto, era l’unico corso del genere! Era bellissimo e mi sono sprovincializzata in un attimo. Le prime lezioni le ho fatte con il professor Grasselli, che usava metodi che catturavano la nostra attenzione. Poi, ho seguito il corso di Fabrizio Luccio, con il quale tuttora collaboro! Tanti professori venivano da esperienze all’estero ed erano capaci di trasmetterci entusiasmo per questa nuova disciplina".
Si aveva consapevolezza di ciò che sarebbe potuta diventare l’informatica?
"Assolutamente no. C’era già il dibattito su uomo e macchina, sull’intelligenza artificiale, ma non si poteva immaginare lo sviluppo che ci sarebbe stato nei decenni successivi".
Finiti gli studi, ha subito iniziato la carriera universitaria o ha anche ricevuto altre offerte da soggetti privati?
"Sì, ricevetti diverse offerte. Ma chiedevano spostamenti che non potevo permettermi, avendo già una figlia piccola: aveva 9 mesi quando mi sono laureata! Iniziai subito a collaborare con Fabrizio Luccio e nel ‘74 ho ottenuto una borsa di studio finanziata dalla Olivetti che era una delle poche imprese che investiva in ricerca. Fino al 1987 sono stata ricercatrice, poi per tre anni professoressa ordinaria a Salerno e quindi dal ’90 a oggi a Pisa. Ho lavorato con molti atenei nel nord e nel sud del mondo, dagli Stati Uniti alla Somalia, dal Botswana al Canada".
Come vede il futuro dell’informatica e di Internet? Si sono celebrati da poco i 50 anni della rete: cosa potrebbe accadere nei prossimi 50?
"Sono preoccupata. È urgente definire regole nuove per la rete perché sta andando verso posizioni non accettabili. A partire dall’informazione, dove le manipolazioni sono sempre più pervasive. Senza nuove regole, la rete sarà sempre più uno strumento in mano alle cosiddette classi dominanti. Ma cosa succederà da qui a 50 anni è impossibile prevederlo. Prenderanno campo i computer quantistici, cambiando tutti i paradigmi dell’informatica? Oppure si scoprirà come funziona la telepatia – conclude sorridendo Linda Pagli – e la rete non servirà più!".