CARLO BARONI
Cronaca

Scieri, Zabara parla in aula "Ero in licenza, non c’entro"

L’ex caporale ha reso spontanee dichiarazioni: "E’ giusto indagare ancora". Ieri si è chiusa l’istruttoria del processo sulla morte del parà siracusano.

di Carlo Baroni

"Sono innocente, io non c’ero quella sera, non ero in caserma in quei giorni", ha detto Luigi Zabara ai giudici della corte d’assiste di Pisa. E’ il processo sulla morte di Emanuele Scieri, l’allievo parà siracusano trovato morto il 16 agosto di 23 anni fa nella caserma Gamerra di Pisa (ucciso, secondo l’accusa, per atti di nonnismo e prevaricazione), occultato sotto un tavolo e deceduto da tre giorni. In questo processo con l’accusa di omicidio volontario in concorso ci sono due ex caporali, Luigi Zabara, appunto, (difeso dagli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Maria Teresa Schettini) e Alessandro Panella, tutelato da Andrea Cariello.

Il terzo ex commilitone che la procura di Pisa ha accusato della morte di Scieri, Andrea Antico, ha scelto il rito abbreviato e nell’autunno del 2021 è stato assolto in primo grado. Ieri si è conclusa l’istruttoria del dibattimento e Zabara ha reso spontanee dichiarazioni, per ribadire la sua estraneità alla vicenda.

L’ex caporale ha spiegato ai giudici che lui quando accadde il fatto si trovava a Roma: "ero in licenza", ha detto. Una licenza che arrivava peraltro dopo aver scontato una punizione di sette giorni di rigore. Quindi non aveva "ragione alcuna per restare a Pisa". Zabara ha spiegato anche di aver cercato di frugare nella sua memoria, in questi anni, per ricordare con chi si trovasse a Roma, durante quella licenza, ma non c’è riuscito. Ed ha precisato anche di aver fatto richiesta alle ferrovie se ci fosse traccia delle sanzioni che prendeva viaggiando in treno, visto che spesso lo faceva senza biglietto: ma anche in questo caso, il troppo tempo trascorso non ha reso possibile reperire il dato.

Zabara ha spiegato che allora, nel 1999, come tutti i commilitoni della Gamerra, fu sentito dagli inquirenti e gli venne chiesto dove si trovava: "dissi che ero in licenza, dissi la verità, come l’ho sempre detta e come la dico oggi". Zabara ha ricordato che seppe della morte di un ragazzo al rientro in caserma, dopo la licenza, perché la voce circolava e questo aspetto è stato confermato nel processo. Nelle dichiarazioni ha espresso poi "vicinanza alla famiglia di Scieri" che lui non conosceva. Ed ha sottolineato che quello che accadde "è terribile perché quel ragazzo è morto mentre si trovava nelle mani dello Stato, ed è giusto che la Procura continui ad indagare". Un giallo che accompagna la cronaca nera pisana da più di vent’anni e che è passato da diverse inchieste, l’ultima delle quali è arrivata alla celebrazione dei processi. Si torna in aula la prossima settimana con le requisitorie della pubblica accusa: quella del procuratore capo Alessandro Crini e quella del sostituto Sisto Restuccia.