
PISA
"La sentenza impugnata evidenzia elementi significativi per ritenere sussistente il delitto contestato: la potenzialità letale dei colpi, il numero dei colpi sparati (tre), la vicinanza tra lo sparatore e la vittima, l’essere stati esplosi i colpi ad altezza d’uomo e mirando contro l’obiettivo". E’ uno dei passagi delle motivazioni con cui la Corte di Cassazione passa definitiva la condanna a 9 anni e 4 mesi per Gabriele Kiflè, 33 anni, di Aprilia, uno dei banditi della tentata rapina alla gioielleria Ferretti, che si concluse con l’uccisione di Simone Bernardi, 43 anni di Aprilia, da parte dello storico commerciante, la cui posizione venne archivata essendogli stata riconosciuta la legittima difesa. La corte d’appello, infatti, aveva confermato la sentenza del gup di Pisa all’esito del rito abbreviato. "Non è in contestazione la responsabilità di Kiflè per la tentata rapina, la detenzione e il porto della pistola e la ricettazione dell’autovettura, né viene negato che fosse stato Kiflè ad avere il possesso dell’arma durante l’azione – aveva argomentato la Corte –, arma con cui aveva dapprima minacciato la moglie del titolare per costringerla ad aprire la cassaforte e successivamente aveva esploso tre colpi indirizzati verso Ferretti Daniele; questi, a sua volta, aveva esploso colpi con la pistola regolarmente detenuta, colpendo Bernardi Simone, deceduto nell’immediatezza".
L’imputato già nell’interrogatorio davanti al pm aveva sostenuto di essere stato costretto a sparare per difendere se stesso e Bernardi dai colpi di pistola che il titolare della gioielleria aveva esploso nei loro confronti; soprattutto, aveva rimarcato di non avere sparato per primo e di avere esploso l’ultimo dei tre colpi per costringere la moglie del commerciante ad aprire la porta blindata che impediva la fuga. Versione, secondo i giudici, smentita dalle dichiarazioni delle persone offese, dalla consulenza balistica, dai rilievi tecnici contenenti i fotogrammi significativi estratti dalle telecamere. Proprio quelle immagini erano state causa di duello tra le parti fin dal primo grado.
I giudici anche in appello sottolineavano di nuovo che non ci fu azione difensiva. "Gli ultimi fotogrammi lo dimostravano definitivamente: l’imputato, che ormai era al sicuro dopo avere aperto la porta del negozio, facendosi scudo con la stessa aveva mirato nuovamente la pistola contro Ferretti, esplodendo al suo indirizzo il terzo colpo, per poi darsi alla fuga". La difesa di Kiflè, tra altri aspetti, aveva proprio lamentato agli ermellini come anche la corte d’appello avesse negato di disporre una perizia per "estrapolare le immagini delle telecamere che avrebbero dimostrato l’insussistenza del tentato omicidio". Ma il ricorso per Cassazione è satto dichiarato inammissibile.
Carlo Baroni