
Che il sottosuolo di Pisa e del suo territorio riservino sorprese di certo non sbalordisce. Lo dimostrano i diversi scavi di archeologia preventiva che di continuo restituiscono antiche strutture e materiali di varia cronologia. Fra i ritrovamenti più clamorosi si rammenta ancora, a oltre venti anni dalla scoperta, quello delle Navi romane di San Rossore. Avvenuto per caso, durante lo scavo per la creazione di un centro di controllo per la linea Roma-Genova, quel ritrovamento permise di portare alla conoscenza del mondo, non solo accademico, un importante numero di imbarcazioni, circa trenta, di epoca romana e migliaia di frammenti ceramici, metalli, materiale organico.
L’entità della scoperta fece il giro del mondo, era il 1998, e vent’anni dopo si riuscì a dare vita al Museo delle Navi Antiche di Pisa, modello di esposizione secondo criteri moderni e altamente tecnologici. Ci sono scavi, come quello delle Navi, che fanno rumore per l’eccezionalità dei ritrovamenti, e altri che restano magari in disparte e non per questo sono meno importanti, contribuendo difatti a ricostruire pezzi di storia di un territorio da consegnare ai posteri. È il caso, ad esempio, dell’innovativo progetto di San Sisto, guidato da Federico Cantini, professore di archeologia medievale dell’Università di Pisa, che da due anni indaga il sottosuolo del cortile della chiesa di San Sisto. Qui, mai nessuno aveva scavato prima del gruppo di Cantini e, tanto meno, non vi è mai stata impiantata alcuna costruzione. Ecco perché questa indagine, su un terreno assolutamente vergine, sta consentendo agli archeologi di ricostruire le diverse fasi di quest’area fra tarda antichità e alto Medioevo.
A pochi metri in linea d’aria, dentro il Palazzo della Canonica, la Scuola Normale ha disvelato per la prima volta la ‘fotografia’ di questa parte di città, come doveva apparire agli occhi del Vasari. Nel corso di questi scavi, condotti dal Laboratorio Saet della Normale e da Gianfranco Adornato, professore di archeologia, è stato ritrovato un curioso elmo probabilmente di età medievale ora sotto restauro e studio. Non solo medioevo, in città, ma anche tanta Roma e periodo etrusco. È di recente pubblicazione il libro "Pisa etrusca in età classica", la cui autrice Giulietta Guerini studia i materiali provenienti dallo scavo di via Sant’Apollonia ricostruendo per quell’epoca l’assetto di questa parte di città che molto rassomigliava a una piccola Venezia, per via dei suoi molti canali. Se si parla di etruschi il pensiero corre immediato al Tumulo del Principe Etrusco di via San Jacopo, scavato in modo sistematico, negli anni 90, da Stefano Bruni, oggi professore di Etruscologia all’Università di Ferrara. Si tratta di un’area di necropoli con diverse sepolture gentilizie e vari materiali e corredi in bronzo.
Eleonora Mancini