Pisa, 21 maggio "Io vado". Lo aspetti da ore, lo dirai solo al momento opportuno chiudendo la porta di casa o dell’ufficio con una sciarpa intorno al collo anche se fa un caldo bestia, indossando una maglietta nerazzurra (quella che porta fortuna) oppure semplicemente col battito cardiaco appena accelerato: «Vado all’Arena. Ci vediamo dopo». Io vado, tu andrai. Andremo tutti. Chi imboccherà la FiPiLi, chi salirà con l’amico in motorino, chi a piedi: da ogni parte della città o del circondario. Noi metteremo l’Inno del Pisa nel tragitto: lo canteranno i bimbi, piano piano, perché si vergognano a cantare se c’è babbo. Ci troveremo fuori dallo stadio, nel caos calmo di quelle strette vie all’ombra delle case di Porta a Lucca: tutti cammineremo velocemente quasi che l’arbitro aspettasse proprio noi per il fischio d’inizio. Saliremo sui gradoni: faremo una foto. Questa notte è ancora nostra. Io ci credo. Penso anche tu. La rimonta è possibile perché agli aspetti razionali si sommano sempre, che lo si voglia o meno, quelli del cuore. E il Pisa per noi è il «bene». E il «bene», ce lo hanno insegnato le favole, vince quasi sempre. E se non lo farà? Resteremo sempre gli stessi: un po’ delusi, ma pur sempre noi. Perché il tifo (quello vero) non è opportunità: nessuno tifa Pisa perché «vince», ma perché «siamo». E lo saremo sia in serie A che in serie D. «Io vado», già me lo immagino. E’ proprio stasera.
Saverio Bargagna