REDAZIONE PISA

Palazzo dei Congressi torna all’Università

La preoccupazione di Confcommercio: "Dobbiamo scongiurarne la chiusura, sarebbe la pietra tombale del turismo pisano"

Cambio di gestione per il Palazzo dei Congressi di Pisa. L’Università di Pisa, dopo dieci anni, riprende il controllo completo su quella che è una delle principali strutture congressuali della città. "Dopo anni di concessione a una società privata - afferma il rettore, Paolo Mancarella – l’ateneo torna a gestire in completa autonomia il suo Palazzo dei Congressi. Abbiamo progetti ambiziosi che credo potranno avere ricadute importanti sia sulla città che su tutto il territorio pisano. Per questo il nostro auspicio è di dar vita a una stretta collaborazione anche con gli altri enti cittadini così da contribuire, tutti insieme, alla ripartenza della nostra città una volta passata la pandemia".

Inaugurato nel 1984, il Palacongressi dispone di una sala plenaria in grado di ospitare fino a 1000 persone e modulabile in tre spazi distinti: un auditorium da 500 posti e due breaking room da 250. A questi si aggiungono poi altre 18 salette meeting di varia capienza e spazi multifunzionali. "La flessibilità dei suoi ambienti e la moderna dotazione tecnologica - conclude l’università in una nota - lo rendono la sede ideale per molte tipologie di evento, in particolare quelli di carattere scientifico e professionale". L’avvicendamento nella gestione tuttavia preoccupa Confcommercio: "Dobbiamo impedire - scrive in una nota Roberto Tommasoni, presidente di Confalberghi Confcommercio Pisa - la chiusura definitiva dell’unico luogo congressuale della città, perché questa decisione sarebbe la pietra tombale sul turismo del territorio".

Il timore dell’associazione di categoria è infatti che il centro congressi chiuda i battenti e ciò, conclude Tomassoni, "vuol dire cancellare non solo ciò che assicura l’occupazione alberghiera anche in bassa stagione, ma un luogo che riveste anche un peso importantissimo soprattutto per l’immagine di Pisa nel mondo". Confcommercio ricorda, infatti, che "la presenza di tre università di livello internazionale, un polo ospedaliero all’avanguardia, centri di ricerca avanzatissimi, aziende private ad altissima specializzazione operanti sui mercati globali, consentono alla nostra città di svolgere un ruolo da protagonista nel turismo congressuale: parliamo di un segmento fondamentale, fatto di professionisti, al 90% proveniente da fuori regione e soprattutto dall’estero, che per le imprese legate al turismo locale rappresenta una fonte vitale di sostegno e di ricchezza". L’Italia, osserva l’associazione di categoria, è "la sesta nazione al mondo per questo tipo di turismo: i viaggi legati a convegni e congressi generavano, prima dello stop imposto dalla pandemia, un indotto di 65 miliardi di euro, impiegando 570 mila addetti". Per questo, conclude Tomassoni, l’eventuale chiusura del Palazzo dei Congressi "coinvolge non solo tutta la filiera di settore (alberghi, agenzie di viaggio, trasporti, catering, servizi tecnici) ma l’intera destinazione: dai musei ai ristoranti, dai taxi allo shopping nei negozi".