REDAZIONE PISA

"Mio nonno sta ridendo Ha vinto sempre lui"

L’addio al maestro Antonio Di Ciolo con tutti i grandi della scherma. Sulla bara una maschera da bambini: "Lasciava a ognuno la libertà di imparare"

di Francesca Bianchi

PISA

Un concentrato di medaglie e passione. Orgoglio, amicizie, tenacia. La chiesa di San Michele degli Scalzi ieri conteneva tutto questo. La ‘comunità della scherma’ (italiana e pisana) riunita per l’ultimo saluto ad un grande Maestro, un uomo dalla personalità esplosiva che lascia un’eredità tecnica riconosciuta in tutto il mondo e che adesso – come ha sottolineato il vicepresidente della Federazione italiana scherma Paolo Azzi, presente al funerale – "dovremo continuare a studiare".

C’erano i campioni e i ragazzini a dire addio ad Antonio Di Ciolo. C’era la famiglia, il figlio Enrico che ne ha seguito con successo e grinta le orme, e la figlia Laura. Accanto a loro, il nipote Alessandro Numa (figlio di Mauro, campione olimpico e campione del mondo, anche lui presente alle esequie). Suo il ricordo più carico di emozione, tra lacrime e sorrisi: "Questa è l’ultima grande provocazione di nonno. Sono sicuro che in questo momento ci sta guardando. E ride. Perchè tanto... ha vinto sempre lui!".

Il gonfalone del Comune di Pisa – con il sindaco Michele Conti seduto vicino alla famiglia – e quello dell’Università con il Cus. Tra le panche, appunto, gli allievi con la casacca arancione del club scherma Antonio Di Ciolo e gli olimpionici. Il ct della nazionale Andrea Cipressa, i ‘nostri’ fiorettisti Salvatore Sanzo (presidente Coni Toscana) e Simone Vanni (insieme hanno conquistato l’oro a squadre ad Atene 2004) con Francesco Martinelli (oggi Vanni e Martinelli sono i Ct della nazionale paralimpica) e l’oro nel 1996 ad Atltanta Alessandro Puccini: "Ci lasciava la libertà di imparare, ciascuno a modo suo. Questa era una caratteristica unica, lui lo faceva davvero. Se non funzionava ti diceva: ‘Vai a fare un altro sport’. Ma a me non l’ha mai detto. Ci allenavamo al Cus, in spazi piccoli, angusti, a volte ci portava anche in campagna da lui, nell’orto. Per noi era quella la normalità. E dopo ogni sconfitta, come ogni vittoria, poche, semplici parole: ‘Ci vediamo lunedì agli allenamenti’".

E poi Ilaria Bianco, Martina Batini, il livornese Marco Vannini, Frida Scarpa, Gabriele Cimini, Soriano Ceccanti, lo staff della nazionale e diversi consiglieri della Federazione italiana scherma. Innovatore, rivoluzionario, ribelle ed anarchico, schietto e curioso, capace di unire una dose straordinaria di umanità a tecnica e intuizione. "Patrimonio" che è diventato fabbrica di medaglie: Antonio Di Ciolo ha lasciato tanto, riuscendo anche a trasmettere il proprio modo di vedere e sentire la scherma. "Sto ricevendo telefonate da tutto il mondo, messaggi dai cinque continenti - così ancora il vicepresidente Azzi – ricordiamoci che molti dei Maestri oggi in attività sono stati formati dal suo pensiero". Come a dire: non finisce qui. "Una vita – queste invece le parole di don Lorenzo Bianchi durante l’omelia - è stata un dono per la scherma, della città e del Paese. Oggi consegniamo la figura di un grande uomo a Dio, sarà accolto tra le anime dei giusti. Troverà ad accoglierlo sua moglie e sua figlia che lo hanno preceduto nella casa di Dio. E da lì continuerà a vegliare sul cammino della vita su di noi". Anche il Pisa, ieri impegnato in Coppa Italia, ha ricordato il Maestro con un minuto di silenzio prima del fischio d’inizio.

Sulla bara – salutata con un doppio applauso – una maschera. Piccola, di plastica come quelle che utilizzano i bambini quando iniziano a cimentarsi con la scherma, speciale per la storia che racconta. Segno del suo essere Maestro, di tutti e per tutti.