Militare "morto per l’amianto" Il figlio: "Risarcimenti più veloci"

Riccardo aveva 26 anni quando perse il padre "Noi, legati alla Marina militare ma serve una nuova legge"

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Ad aprile del ’99 la sua vita cambiò. Oggi Riccardo Volterrani, figlio di Francesco, militare imbarcato su varie unità e a lungo a "La Spezia e a Pisa (ex Camen)", che morì a nemmeno 53 anni, fa parte dell’Osservatorio nazionale Amianto come il resto della famiglia. "Siamo tutti associati". Pochi giorni fa è uscita la sentenza del Tribunale di Roma che condanna il Ministero a pagare un risarcimento danni alla moglie e a lui e alla sorella. Il padre morì per un tumore al polmome a marzo del 2000. Nella consulenza dei periti si spiega: "Vi fu esposizione ad amianto sotto forma di polverosità diffusa… non c’è stato utilizzo di dispositivi di protezione individuale e collettiva".

Quando e come scoprì la malattia?

"A primavera di 22 anni fa ebbe degli spasmi al nervo ottico. Inizialmente si pensava a una infiammazione. Il medico di famiglia suggerì una tac che fece. Aveva già metastasi al cervello".

Un anno molto difficile.

"Passava da una terapia a un’altra. E andava sempre peggio. Alla fine non ci ricnosceva più".

Capiste subito che la malattia poteva essere legata al suo lavoro?

"No. Lo abbiamo scoperto successivamente grazie all’Osservatorio (il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni sta portando avanti una causa anche a Pisa e davanti al Tar del Lazio, ndr)".

Suo papà è rimasto legato alla divisa?

"Certo, l’ha indossata da quando aveva 17 anni. Abbiamo una lunga tradizione familiare, mio zio era ufficiale e ha partecipato alla Seconda guerra mondiale. Tutti noi siamo affezionati alla Marina, dove io ho svolto il servizio di leva, ma chiediamo una legge ad hoc per i morti per l’amianto evitando burocrazia, lungaggini e angoscia. Era stata riconosciuta la causa di servizio ma non il risarcimento".

Sua madre aveva 49 anni quando è rimasta vedova, come ha accolto la decisione del Tribunale?

"E’ soddisfatta perché è stata riconosciuta la nostra sofferenza, ma resta il dolore per la perdita".

Antonia Casini