REDAZIONE PISA

Maxi buco a Fisiologia clinica, Cnr parte civile

Ma manca una notifica di avviso conclusioni indagini preliminari e non si svolge un interrogatorio. Gli atti tornano al pm

di Antonia Casini

Gli atti sono stati rimandati al pm. Nulla di fatto per il caso del maxi buco all’Ifc-Istituto di fisiologia clinica del Cnr, il Centro nazionale ricerche che si costituirà parte civile nel futuro procedimento (procuratore dello Stato Stefania Caporali). Ieri mattina si sarebbe dovuta svolgere l’udienza preliminare ma sono stati evidienziati due problemi. Mancava infatti una notifica dell’avviso conclusione indagine per uno dei sette per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio. inoltre, per un altro imputato non è stato fatto l’interrogatorio chiesto dopo il 415 bis. Il 19 marzo scorso, come molte altre, l’udienza era slittata perché in piena chiusura da Covid.

Risalgono a febbraio 2015 le perquisizioni nella sede di una delle strutture più innovative e avanzate del Cnr che portano alla luce le indagini della finanza: vengono sequestrati registri e documenti. Sotto la lente degli investigatori, ci sono gli ultimi bilanci (In particolare, nel mirno, quelli 2013 e 2014 dove emergono - la ricostruzione - crediti per importi rilevanti mai incassati). Ad avviare quei controlli è l’attuale direttore dell’Ifc, Giorgio Iervasi, che presenta un esposto.

La Procura di Pisa, segue il caso il pubblico ministero Flavia Alemi, in quindici pagine aveva chiesto il rinvio a giudizio per sette persone (Antonio Bellucci, Chiara Biagini, Marco Borbotti, Eugenio Picano, ex direttore dell’Ifc, che si è sempre difeso sostenendo che le firme sugli atti non sono le sue, Daniele Ferri, Simone Luzi e Cristiana Bracci) che sarebbero coinvolte, con ruoli diversi, nella vicenda. Le accuse, a vario titolo, sono di truffa e falso ideologico e materiale. Sarà il giudice per le udienze preliminari a stabilire se e chi deve essere processato. Sotto accusa le convenzioni per progetti di ricerca fantasma, definiti "inesistenti, inappropriati o inesigibili" già in uno dei primi consigli di Istituto post terremoto. Da subito, furono due i filoni paralleli, l’inchiesta penale da una parte e l’indagine interna dall’altra. Ruolo centrale in tutta la storia sarebbe stato quello del custode Marco Borbotti (difeso dall’avvocato Giulio Venturi), poi diventato funzionario e responsabile dell’ufficio progetti grazie a un concorso interno al quale ha partecipato presentando un falso certificato di laurea: ha problemi psichiatrici che lo hanno portato, in passato, anche in ospedale. Adesso si trova al centro Basaglia. All’epoca era tenuto in grande considerazione nell’istituto nato come laboratorio, nel 1967, "con un organico di oltre 300 “addetti ai lavori”, di cui 129 tra ricercatori confermati e tecnologi principalmente a Pisa, sede centrale, ma anche nelle sedi distaccate", si legge sul sito ufficiale. Fu il primo a essere licenziato non appena si scoprì che non aveva la laurea necessaria per l’incarico ricoperto. "Sì ho prodotto un certificato falso", aveva confermato a La Nazione che era andata a intervistarlo nella sua casa a San Giuliano. Diversi i professionisti in campo per la difesa: l’avvocato Tullio Padovani (ieri sostituito dalla collega Annarosa Francini), Stefano Del Corso (rappresentato da Alessandra Papineschi), Donatella Siciliano, Domenico Accica e Donatella Panzarolo (questi ultimi due sostituiti da Venturi).