REDAZIONE PISA

L’uomo, la scimmia e... la sindrome di Peter Pan

Il paleoantropologo Antonio Profico ha partecipato a ricerche internazionali, ecco cosa ha scoperto

La differenza tra uomo e scimmia? Ce la spiega Peter Pan. Ora coloro che si sono sempre sentiti additare di fare l’eterno giovane, di non accollarsi doveri e responsabilità, hanno una "scusa" addirittura scientifica, quasi nobilitante. L’università pisana ha infatti scoperto che la differenza tra l’uomo e la scimmia non è data solo dalle maggiori dimensioni del nostro cervello ma anche dal fatto che le nostre zone cerebrali rimangono giovani ed interconnesse molto più a lungo di quanto capita nei primati. C’è poi una caratteristica che accomuna il cervello di Homo sapiens e Homo neanderthalensis e cioè che entrambi hanno mantenuto un alto livello di interazione tra le aree cerebrali sia nella fase giovanile che nella fase matura e, come in una sorta di sindrome di Peter Pan, non sono mai diventati veramente adulti. Lo dimostra uno studio internazionale a cui ha partecipato il paleoantropologo Antonio Profico, ricercatore del Dipartimento di biologia di Unipi, e coordinato dal docente Pasquale Raia dell’Università di Napoli Federico II. Per studiare l’evoluzione del cervello, un team di ricercatori ha ricostruito la superficie interna del cranio tramite tecniche di antropologia virtuale. In questo modo gli autori hanno analizzato la forma del cervello in 148 specie di primati viventi e diverse specie di Hominina (Homo neanderthalensis compreso). Oltre alla forma del cervello i ricercatori hanno studiato le interazioni tra le aree cerebrali utilizzando un nuovo metodo sviluppato a questo scopo e applicato per la prima volta in questo studio. Gli autori dello studio hanno dimostrato che non sono solo le grandi dimensioni del nostro cervello a renderci differenti dagli altri primati. I ricercatori hanno dimostrato che nelle scimmie antropomorfe (i nostri parenti più prossimi) e nella nostra specie le diverse aree cerebrali presentano alti livelli di integrazione dalla nascita fino allo stadio di sviluppo immediatamente precedente la maturità sessuale. Tuttavia, quando entra nella fase adulta, il cervello delle scimmie antropomorfe perde improvvisamente la coordinazione tra i lobi. L’ Homo sapiens invece mantiene un’alta coordinazione tipica dei cervelli delle antropomorfe giovanili per tutta la vita, non mostrando nessun cambiamento da "adulto".

"I cervelli dei neandertaliani e degli umani moderni sono molto simili in termini di volume, ma nei Neanderthal il cervello ha una forma diversa, molto più primitiva – spiega Profico – Il fatto che Homo neanderthalensis e Homo sapiens mantengano alti livelli di integrazione cerebrale durante l’età adulta è sorprendente, perché fino ad ora pensavamo che la comparsa del comportamento umano moderno fosse legato quasi esclusivamente alla presenza di un cervello globulare".

Ca.Ve.