REDAZIONE PISA

L’eccidio di casa Pardo Roques. Il caso pisano ottant’anni dopo. Le tante domande senza risposta

Il 1° agosto 1944 otto militari tedeschi fecero irruzione in un bel palazzo ottocentesco di via Sant’Andrea. Con il capo della comunità ebraica furono massacrate altre undici persone: chi invio la spedizione?. .

La casa di Giuseppe Pardo Roques (. foto Elena Pardini per Valtriani

La casa di Giuseppe Pardo Roques (. foto Elena Pardini per Valtriani

Alle 11 del 1° agosto del 1944 otto militari tedeschi fanno irruzione in un bel palazzo ottocentesco di via Sant’Andrea dove vive la famiglia di Giuseppe Pardo Roques, capo della comunità ebraica (Parnàs), uomo di cospicui averi. L’obiettivo è rapinarlo. In realtà, l’obiettivo è duplice: rapinarlo e ucciderlo. Nell’ora che segue i militari effettuano un massacro uccidendo tutti coloro che incontrano in quel palazzo. Con Pardo Roques cadono uccise altre undici persone. Sei sono di religione ebraica: Teofilo Gallichi con la moglie Ida De Cori e il figlio Cesare, Dario Gallichi, fratello di Teofilo e medico di famiglia, Ernesto Levi con la moglie Cesira. Vengono trucidati anche cinque cristiani: la governante Giovanna Ulivari, vedova dell’autista di Pardo, sua sorella Alice riparata lì che la sua casa è stata bombardata, la cameriera Silvia Bonanni, il vicino Dante Ristori, venuto per attingere acqua dal pozzo, Emilia Del Francia, appena rientrata dopo aver fatto la spesa. Alle 12,15 è tutto finito ma il rumore della mitraglia e anche di due bombe a mano ha richiamato gente sulla strada. Dante Ristori e Enrico Levi, trasportati in ospedale, moriranno due giorni dopo; Levi farà in tempo a raccontare qualcosa di cosa sia accaduto. Ma gli omicidi sono ormai all’ordine del giorno nella città semi deserta e il dibattito sul massacro del palazzo Pardo Roques esploderà soltanto con la Liberazione, appena un mese dopo. La domanda che molti si pongono è perché un uomo assennato come il Parnas, con le leggi razziali già in atto da ben sei anni, sia rimasto con la sua famiglia in città. La risposta può essere una sola ed è a queste conclusioni che sembra giungere anche la storica Carla Forti che nel 1998 dedicherà alla vicenda un libro dal titolo "Il caso Pardo Roques". In città, Giuseppe Pardo Roques non era un uomo qualunque. Era stato prosindaco e assessore, aveva sempre avuto conoscenze in alto loco ed era abbastanza ricco da immaginare di potersi comprare la sicurezza. E in realtà fino a quel momento nessuno lo aveva disturbato. Si è anche mormorato che potesse contare su protezioni sicure in questura, anche perché in altri tempi aveva finanziato con generosità il Fascio locale. Scrive Forti: "Sia il federale sia il segretario rionale avevano per lui, a dispetto delle leggi razziali, un rispetto che sconfinava nella reverenza".

Ma il 1° agosto del ‘44 era tutto finito e ora le ricchezze di casa Pardo Roqeus facevano gola a molti. Nelle indagini restava però un quesito da risolvere: come potevano sapere gli otto soldati tedeschi chi e cosa si nascondesse in quel palazzo anonimo? Da tempo, per prudenza, Pardo Roques aveva infatti rimosso la targhetta con il suo cognome dal portone della casa. Una delazione era certa, forse di fascisti e non soltanto, e fu fatto anche un nome e un cognome. Che però non faremo poiché l’indiziato fu processato e assolto.

Renzo Castelli