CARLO VENTURINI
Cronaca

La vendemmia del futuro: "Trattori e fertilizzanti?. Macché, meglio i cavalli anche per i vignaioli"

La scelta dell’azienda vinicola ’Gli Archi’ a Fauglia che ha detto basta ai motori "Non è solo questione di ambiente, ma di salute e crescita per tutti".

La vendemmia del futuro: "Trattori e fertilizzanti?. Macché, meglio i cavalli anche per i vignaioli"

Cavalli e calici. Bovini, equidi e trattori: questa la progressione tecnologica per il lavoro in vigna. Ma a volte, per fare un passo avanti, se ne deve fare uno indietro. Ed ecco i cavalli-vignaioli sostituire i trattori nelle vigne della azienda vinicola Gli Archi a Fauglia (Pisa). "Basta trattori, basta rumori, basta fertilizzanti. Ne guadagniamo tutti: il terreno, l’uva, il vino, l’uomo". Non ha dubbi Carolina Manzini dell’azienda che è certificata biologica dal 2017 ma nel 2020 ha fatto un passo ulteriore usando quattro cavalli da lavoro di razza francese "Comptois" per poi aggiungerne un altro.

Perché i cavalli? Un vezzo ambientalista?

"No. Ci sono sostanziali vantaggi in termini di qualità per il terreno e quindi per il prodotto finale. L’uso del trattore compatta troppo il suolo. Crea quella che si chiama in gergo: crosta di lavorazione. Il terreno diventa duro, quasi impermeabile. I cavalli coi loro zoccoli, smuovono la terra soprattutto nella fase di alzata dello zoccolo. Il terreno dunque rimane più morbido, mosso, permette il percolare dell’acqua più in profondità così come più in profondità vanno i lombrichi che sono fondamentali per l’arricchimento del terreno. Il trattore invece, compattando il terreno crea ristagni di acqua e in vigne scoscese questa acqua può provocare il cedimento del terreno".

Beneficio per il terreno e per l’ambiente, e per l’uomo?

"Lavorare accanto ad un cavallo è più salubre e rilassante che lavorare con un trattore. Ne va della salute dello stesso addetto in vigna: zero infortuni, zero conseguenze derivanti dalle vibrazioni che il trattore trasmette al corpo del guidatore, zero problemi di decibel sparati nelle orecchie, zero emissioni inquinanti".

Sembra una bucolica virgiliana. Tutto facile?

"Per niente. Abbiamo investito ed abbiamo fatti prolungati studi sul terreno e sulla sua morfologia. E poi, le sembra facile utilizzare cinque cavalli di 900 chili l’uno?".

Avevate esperienza nell’uso dei cavalli?

"No. Abbiamo fatto un corso di un anno con un addestratore-istruttore che è venuto qui in azienda. I cavalli devono abituarsi al terreno, devono riconoscere gli odori, devono riconoscere persino alberi e siepi. E noi abbiamo dovuto imparare l’utilizzo di nuovi attrezzi agricoli consoni all’uso dei cavalli".

Ma i cinque "Comptois-vignerons" che fanno in vigna?

"Noi raccogliamo l’uva rigorosamente a mano e la deponiamo in cassette che vengono trasportate con dei supporti di legno che vengono attaccati ai cavalli. E poi sono dediti al lavoro del suolo, alla pulizia dei filari, alla erpicatura, allo scalzo e rincalzo del terreno intorno alla pianta per proteggerle dal freddo e poi, cosa di non poco conto, fertilizzano in maniera diciamo così, spontanea".

Insomma i cinque Comptois sono lavoratori indefessi.

"Macché hanno le loro meritate e prolungate pause. Il benessere del cavallo è fondamentale. Quindi fanno lunghe soste all’ombra, li abbeveriamo, li rinfreschiamo, li spazzoliamo. Stanno bene loro e noi. Cresciamo insieme. E’ un rapporto bellissimo, un rapporto di crescita che non si può capire se non lo si prova". Il Chianti, il Cabernet Franc, il Merlot, il Sirah, il Viognier dell’azienda Gli Archi raccontano di quel patto ancestrale tra uomo e natura che è stato recuperato con saggezza, e raccontato per essere esempio di un’armonia praticabile e attuabile. Si brindi dunque, alla salute di uomo ed ambiente.