REDAZIONE PISA

Bandita l’espressione Vu’ cumprà: “Ricordo quando mi chiamavano così. Giusto eliminarla”

Ibrahima Dieng, presidente dell’Unità migranti di Pisa, commenta la riflessione della “Treccani”. Ora è assunto nel negozio Papini: “Qualcuno la usa ancora, non è bella, eliminare anche ’clandestino’”

Alcuni venditori ambulanti sulla spiaggia: d’estate frequentano un po’ tutte le coste italiane (foto Sgattoni)

Alcuni venditori ambulanti sulla spiaggia: d’estate frequentano un po’ tutte le coste italiane (foto Sgattoni)

Pisa, 28 luglio 2025 – Bandita, ma ricordata, quello sì, perché la storia della lingua fa parte della nostra Storia, l’espressione “vu’ cumprà”, molto utilizzata in passato anche a Pisa, città turistica con tanti venditori ambulanti, è dispregiativa e ha “connotati razzistici”. È quanto spiegato dall’enciclopedia Treccani che definisce così la locuzione: “È un’abbreviazione di ’vuoi comprare?’, tipica domanda che i venditori di origine straniera rivolgono in italiano incerto ai possibili acquirenti”. Nel linguaggio giornalistico, come riporta l’Ansa nel dare la notizia, l’espressione comparve per la prima volta nel 1986 per raccontare le proteste dei commercianti contro i migranti irregolari che propongono merce varia in strada e sulle spiagge. Gli anni ’80-’90 furono un periodo di “grande diffusione sui media”, come sottolinea Rocco Luigi Nichil in “R&S – Ricerca e soccorso. Piccolo dizionario di parole migranti”, il nuovo ciclo di interventi pubblicato sulla rivista Lingua italiana, consultabile su Treccani.it”. Un termine che conosce bene anche Ibrahima Dieng, presidente dell’Unità migranti di Pisa.

Presidente Dieng, la chiamavano così?

“Certo. Era il 2001-2002, ero appena arrivato in Italia, a Pisa, e vendevo gli accendini in strada. Cercavo lavoro, ma non lo trovavo perché non avevo i documenti. Non potevo fare niente altro”.

Come si trovava?

“Nessuno lo fa con piacere, ma per mangiare. Senza rubare né spacciare”.

E poi?

“Così ho conosciuto la famiglia Papini (che ha lo storico negozio di biciclette sul lungarno, ndr) e ho cominciato a lavorare per loro: mi hanno assunto, è arrivata la cittadinanza, sono diventato regolare”.

Questi termini, che hanno più variazioni (vucumprà e ‘vo cumprà’), sono stati espulsi, non cancellati dalla lingua italiana, perché fanno parte della nostra storia. Che cosa ne pensa?

“Sono parole negative. È una bella cosa che l’espressione sia stata messa da parte: essere classificati, di fatto, come delinquenti è doloroso”.

C’è un’altra parola che abolirebbe?

“Clandestino: nessuno sceglie di esserlo. Si potrebbe dire ’al momento non in regola con i documenti’”.

Lei è originale del Senegal, là come si dice?

“Non esiste da noi. Non è un concetto che ci appartiene”.

Oggi cerca di migliorare l’accesso alle cure in Senegal o, se si tratta di casi complicati, come quello del piccolo Babacar, in Italia. Come sta il bimbo?

“I medici del Meyer hanno fatto il possibile ma ora il suo permesso sanitario scade e deve tornare in patria. L’obiettivo è far trasferire la famiglia qui da noi. Ci stiamo lavorando”.

Antonia Casini