
PISA
Da Milano a Pisa con il cuore. In ogni senso. Venerdì mattina, nella Sala delle Baleari, il cardiologo pisano Bernardo Cortese, primario della Clinica San Carlo di Milano presenterà alla città la Fondazione RIC – Ricerca e Innovazione Cardiovascolare, nata un anno fa con una duplice missione, come si legge sul sito www.fondazioneric.org: sostenere la ricerca e promuovere la cultura cardiovascolare fra la gente comune. A Pisa saranno in pratica replicate le diverse attività e iniziative che già da un anno la Fondazione porta avanti in Lombardia con il sostegno di imprenditori e professionisti e la collaborazione di importanti centri di ricerca ed équipe italiani e internazionali.
Dottor Cortese, la Fondazione nasce in pieno Covid nel maggio 2020, perché?
"In quel periodo, e non solo, l’attenzione del nostro Paese era rivolta, giustamente, al Covid. Ci siamo resi conto che ci si stava dimenticando che proprio nel 2020, più che nel passato, le malattie cardiovascolari avevano fatto moltissime vittime. I primi dati disponibili dimostravano già un incremento delle morti cardiovascolari ‘per dimenticanza’ e il Covid era solo la punta dell’iceberg. Così abbiamo deciso di dar vita alla Fondazione".
Tra i vostri scopi c’è il sostegno alla ricerca: non è già abbastanza finanziata?
"Purtroppo no. Nel nostro Paese si investe pochissimo per sostenere studi di rilevanza internazionale a fronte di un livello scientifico mediamente alto o molto alto dei nostri ricercatori. I finanziamenti ottenuti sono tra i più bassi al mondo tra i paesi considerati sviluppati. La nostra vuole essere una Fondazione moderna, snella ed efficiente per sostenere la ricerca nei settori cardiaco e cardio-vascolare italiani per poter curare al meglio i pazienti cardiopatici, in particolar modo quelli più delicati e ad alto rischio".
C’è un altro filone in cui Fondazione RIC è molto impegnata, quello della ‘cultura’, perché?
"Perché in Italia ci sono tantissime morti improvvise e a nessuno viene insegnato come fare la rianimazione cardiopolmonare. Noi vogliamo promuovere la cultura cardiovascolare fra le gente comune e iniziamo dal luogo naturale, cioè le scuole. A Milano, con il Liceo Manzoni, abbiamo avviato un progetto con cui stiamo ‘formando’ gli insegnanti. I nostri rianimatori insegnano loro come si fa la rianimazione cardiopolmonare e saranno loro, poi, a insegnarla agli alunni. Noi mettiamo a disposizione mezzi e competenze. Vogliamo insomma che questo sia per i nostri ragazzi un bagaglio da portare dietro per tutta la vita". Testimonial della Fondazione è l’ex campione olimpico Antonio Rossi, perché?
"Perché dopo quello che gli è successo di recente, cioè un infarto durante una gara di Gran Fondo, incarna il messaggio che vogliamo dare in particolare agli atleti non professionisti: attenzione. In Italia gli atleti non professionisti sono 19 milioni e tutti, in qualche modo, sottopongono il cuore a stress. A loro vogliamo insegnare a sottoporsi a visite ed esami per ridurre le morti improvvise".
Tra le ricerche della Fondazione ce n’è una innovativa che riguarda la musicoterapia.
"Che essa abbia un ruolo terapeutico nei malati oncologici è riconosciuto. Ancora poco è invece noto in ambito cardiovascolare. Sappiamo degli effetti benefici su pressione arteriosa o stato di stress, ma vogliamo studiare in modo approfondito l’effetto nei pazienti che sottopongono a interventi cardiovascolare, come l’angioplastica". Eleonora Mancini