"Capriolo in centro? Spia d’allarme"

Il direttore di scienze veterinarie: "Cercava l’acqua: colpa della siccità"

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di Enrico Mattia Del Punta

Un capriolo in centro città, evento eccezionale o episodio da non sottovalutare? La domanda sorge spontanea a fronte della notizia data ieri sulle nostre pagine (con tanto di foto) della fuga di un capriolo che si è trovato a schivare le auto del famigerato traffico di piazza Guerrazzi per poi intrappolarsi da solo nel Giardino Scotto. L’animale un giovane maschio di circa 30-40 chili ha reso necessario l’intervento del Nogra, delle guardie del parco e della polizia municipale che hanno prima catturato l’animale e successivamente lo hanno liberato in una zona sicura fuori città dove è proibita la caccia. A chiarire i dubbi ci prova Francesco Di Iacovo, direttore del Dipartimento di scienze veterinarie. "Questo episodio è da interpretare come una spia che ci avvisa di tanti elementi, sta a noi saperli leggere. Proviamo a metterci nella testa del capriolo, un motivo per cui l’animale abbandona il suo habitat per avventurarsi in un luogo urbano potenzialmente pericoloso potrebbe essere la ricerca di acqua. Il periodo di siccità che stiamo vivendo non colpisce solo noi, ma anche gli animali. Ancora, potrebbe essere la ricerca di cibo oppure la fuga da un predatore come ad esempio il lupo, i dati Istat sulla sua presenza parlano chiaro, se ne vede il ritorno in quasi tutta la penisola". Le prime ipotesi davano da pensare che l’animale fosse arrivato dal parco, ma secondo il direttore Di Iacovo "è più probabile dai monti pisani. Infatti, mentre il primo è controllato e presidiato, il secondo crea un perfetto corridoio ecologico con la città. Basti pensare ad Uliveto o Caprona, entrambe le località sono punti di transito tranquilli e non presidiati, da lì, arrivare all’Arno per poi risalire fino a Pisa non è così difficile. L’esperienza con il capriolo ha avuto un lieto fine grazie all’intervento delle istituzioni, ma quando pianifichiamo le strade e le case facciamo finta che gli animali non ci siano, non pensiamo alla mobilità della fauna selvatica. Per cui – continua Di Iacovo – è opportuno ragionare su qual è la convivenza che vogliamo costruire. Il pericolo c’è, va gestito con gli unici due mezzi che abbiamo, contenimento e accompagnamento. Il primo con la gestione e l’equilibrio che si può creare ad esempio con il bilanciamento tra predatori e prede. Il secondo con l’individuazione dei corridoi ecologici esistenti e la loro gestione".

Enrico Mattia Del Punta