Barbara Capovani vive ancora. Tutti salvi i pazienti che hanno ricevuto in dono gli organi

Fra questi c’è anche un bambino che grazie al rene della psichiatra adesso gode di una vita normale. A un anno della morte si accende ancora una luce

Pisa, 21 aprile 2024 - Lui non lo sa neppure ma se oggi conduce una vita finalmente normale lo deve anche a quella dottoressa, minuta ma caparbia che ha pagato il prezzo più alto per mettersi a disposizione degli altri. Uno dei reni donati da Barbara Capovani, la psichiatra uccisa lo scorso anno davanti al Servizio di psichiatria diagnosi e cura dell’ospedale Santa Chiara (delitto per il quale è accusato il suo ex paziente Gianluca Paul Seung), ha infatti salvato la vita di un bambino. Fu un trapianto d’urgenza, il suo. Perché non c’era più tempo da perdere. La malattia e gli anni di dialisi gli avevano chiuso gli accessi vascolari e le speranze di salvarlo da morte certa diminuivano repentinamente ogni giorno di più. Finché la tragedia di una famiglia non si è trasformata nella gioia per un’altra. E la generosità di Barbara è andata di nuovo a segno.

Il trapianto fu eseguito all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il bambino quel rene lo ha sognato chissà quante volte. E con lui i suoi genitori. E alla fine è arrivato chiudendo per sempre un libro fatto di dolore, calvario e paure e aprendone un altro pieno di speranza. Oggi, un anno dopo, quel bimbo che vive la sua esistenza normale con il rene di Barbara è uno dei quattro beneficiari che 12 mesi più tardi riescono grazie al suo estremo sacrificio a vivere una vita normale. Un altro rene è stato infatti trapiantato a una persona che conduce una vita serena. I due polmoni della psichiatra, invece, sono stati trapiantati su una donna che li aveva entrambi compromessi, mentre il fegato della dottoressa ha evitato morte certa a un’altra persona. E anche quest’ultima donazione sembra un’ulteriore straordinaria metafora della vita di Barbara Capovani. Lei infatti, in tanti anni di carriera, di fegato ne ha avuto da vendere. Il coraggio è stato il tratto distintivo del suo operato. La cifra del suo agire nella psichiatria sociale. Come recitava quel biglietto scritto di pugno, e di getto, dai colleghi nel mazzo di fiori deposto nel luogo dove Gianluca Seung l’ha massacrata a sprangate: "I tuoi 50 kg di coraggio non sono bastati".

Barbara oggi vive negli occhi, nei cuori e nella mente di tanti che l’hanno conosciuta e apprezzata come medico, come mamma, come compagna e come amica. Ma anche di coloro che ora possono tornare a vivere una vita piena. Le procedure di prelievo degli organi della psichiatra, condotte dalle equipe chirurgiche dedicate dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana, si conclusero il pomeriggio del 24 aprile dell’anno scorso, alla vigilia della festa della Liberazione.

Poche ore dopo altre equipe a Siena, Roma e Milano erano in sale operatorie per trasformare l’angoscia in speranza nella vita di quei pazienti. Un anno dopo il 25 aprile si avvicina e per quel bambino e le altre tre persone è diventato una specie di compleanno. Il primo di una vita nuova. Barbara in tanti anni di carriera spesso riuscì a restituire la luce al buio nella mente dei suoi pazienti. Continua a farlo anche oggi, anche se chi ora può finalmente sorridere forse non sa che il merito è anche suo.