Paralimpiadi, la storia del medico che le fece nascere

La storia di Ludwig Guttmann narrata nell'ultimo libro dello scrittore e giornalista Roberto Riccardi, "Un cuore da campione"

Roberto Riccardi

Roberto Riccardi

Firenze, 20 luglio 2021 - Lo sport al servizio della logica della vita, dell'espressione dell'immensa potenzialità della persona umana. I valori più alti dello sport sono stati celebrati nell'esistenza e nell'operato professionale del medico Ludwig Guttmann, grazie al quale sono nate le Paralimpiadi e la cui storia è narrata nell'ultimo libro dello scrittore e giornalista Roberto Riccardi, dal titolo: "Un cuore da campione".

Chi era Ludwig Guttmann? E potremmo chiedere «chi è», parlando al presente, vista l'attualità della sua figura. «Ludwig Guttmann – risponde Riccardi in videocollegamento da Roma - è stato una figura esemplare, straordinaria, un uomo che ha affrontato grandi difficoltà e che ha creduto fortemente in ciò che faceva. Era un neurologo ebreo, è scampato alla Shoah, è fuggito dalla Germania nel Regno Unito e lì si è reso autore di una vera e propria rivoluzione nella terapia dei mielolesi, feriti di guerra con lesioni spinali, che, allora, erano allettati, sedati, aspettavano la morte che, normalmente, sopraggiungeva in circa sei settimane. Guttmann ha seguito la sua logica della vita, che lo ha spinto a cambiare completamente il trattamento di questi pazienti: non più sdraiati, ma sollevati, non più sedati, ma vigili, partecipi della terapia. E poi, il miracolo, l'invenzione straordinaria dello sport, vissuto come gioco, la conquista più grande. Un cammino che, dalla clinica che lui dirigeva Stoke Mandeville, arriverà alla creatura straordinaria delle Paralimpiadi, ma, prima di giungere a questo traguardo, Guttmann ha trovato una situazione con la mortalità al cento per cento e ha salvato tantissime vite, ha recuperato giovani, prima ancora che allo sport, alla vita, alla possibilità di lavorare. E, in seguito, è arrivata la palla medica, che lui ha iniziato a lanciare da un letto all'altro e che è stata la leva di motivazione per ragazzi che, prima di subire le ferite, erano attivi, sportivi, abituati alla vita all'aria aperta. A Stoke Mandeville hanno affidato alle sue cure i piloti della Raf, vedendo che i suoi protocolli funzionavano sono stati adottati in tutto il Paese e tutti i feriti di guerra sono stati convogliati in quella sede, dove sono giunti anche i feriti dello sbarco in Normandia. La vicenda umana di Guttmann ha toccato la grande storia del suo tempo, ma i fatti più importanti li ha realizzati lui che, senza sparare un colpo, in quella situazione così drammatica e dolorosa, ha cambiato la vita di tante persone. E' corretto parlare di lui al presente, perché ciò che ha fatto, creare le Paralimpiadi, è qualcosa che è arrivato a noi e che, nel presente e sempre di più nel futuro, porterà migliaia di persone a resistere alla malattia, alla sorte avversa e a costruire qualcosa di straordinario come arrivare a risultati sportivi di rilevanza mondiale".

"Siamo appena stati diplomati campioni d'Europa nel calcio e abbiamo raggiunto la finale di Wimbledon nel tennis con Matteo Berrettini, è ancora viva in noi la gioia per questi risultati: ebbene, tantissimi giovani - prosegue - andranno a Tokyo quest'anno, tanti altri continueranno l'attività agonistica e avranno la stessa soddisfazione, grazie alla tenacia, alla determinazione di un piccolo uomo che ha realizzato un grandissimo risultato. La raccolta delle testimonianze e delle storie individuali che si fanno patrimonio collettivo, comune giacimento di ideali e valori, possiamo dire sia uno dei compiti indefettibili della letteratura? Ne sono fermamente convinto, cerco sempre di toccare la Storia o storie umane che possano essere rappresentative, emblematiche: ad esempio, del destino, di come possa intersecare le nostre vite, oppure della possibilità del bene in antitesi alla possibilità del male. Bene e male sono due fiumi che scorrono accanto a ognuno di noi e bisogna sapere quale abbracciare, in quale vogliamo nuotare. E, quindi, la memoria, che si raggiunge con la ricerca, con lo studio, con fonti storiche, ma anche con testimonianze, quando è possibile e questo è un aspetto che amo in modo particolare: l'ultimo capitolo del libro è una lunga intervista a Bebe Vio, che esprime concetti importanti, che fanno capire quanto l'esistenza delle Paralimpiadi cambi la sua vita. Ricordo anche la figura di Antonio Maglio, medico legale dell'Inail, che ebbe un rapporto straordinario con Guttmann e che fu tra i primi ad aderire all'iniziativa dei Giochi estivi di Stoke Mandeville, embrione delle Paralimpiadi".

"Raccontare la storia di grandi uomini e dei loro sogni - conlude - significa anche condividere un messaggio di speranza, senza tempo, perché costoro hanno la capacità di sconfiggere la contingenza e donare contenuti di valore universale al mondo. E questo libro è tanto più significativo in questo momento storico, perché parla di rinascita, di speranza per la ripartenza. E' stato concepito anche con questa intenzione? Il libro è stato scritto nel periodo della pandemia, nei mesi del lockdown, in cui abbiamo avuto tutti più tempo per riflettere e questo ha influenzato la scrittura. E, in realtà, la storia di Guttmann ci parla di questi aspetti: la resistenza alle avversità, la salute, la cura dell'altro. Ludwig Guttmann era sempre accanto ai suoi pazienti, ai suoi ragazzi, perché la sua cifra distintiva è stata quella di non accontentarsi di curare il corpo, ma di andare oltre e giungere all'anima".