MARCO INNOCENTI
Cronaca

Tour al limite del possibile: Salvatore Pizzo si supera esplorando il Madagascar. “Gamba rotta senza saperlo”

Avventura fuoristrada in moto lungo 1500 chilometri dell’isola-continente, attraversando fiumi su zattere e guadando fra mille difficoltà e pericoli

Il 67enne Salvatore Pizzo, noto per i suoi arditi viaggi fuori porta figli di 45 anni di motoesplorazioni compiute negli angoli più remoti di tutti i continenti

Il 67enne Salvatore Pizzo, noto per i suoi arditi viaggi fuori porta figli di 45 anni di motoesplorazioni compiute negli angoli più remoti di tutti i continenti

Montecatini Terme, 23 agosto 2023 – Il Madagascar, detto Continente Rosso costituisce una delle mete imperdibili specie per chi ama le avventure lontano dall’asfalto e quindi anche per il 67enne Salvatore Pizzo, noto per i suoi arditi viaggi fuori porta figli di 45 anni di moto esplorazioni compiute negli angoli più remoti di tutti i continenti.

Il progetto era sempre rimasto nel cassetto, specie a causa della spedizione della moto rivelatasi più complicata da una rotta commerciale poco battuta rispetto all’Oriente o a Americhe.

Affidatosi a internet per la ricerca di una moto da noleggiare in loco, ha conosciuto François Serrano, francese pluricampione di trial e titolare di Moto Tour Madagascar con sede in Antananarivo; una volta poi intuita la tipologia dei tracciati preferiti da Pizzo, gli avrebbe proposto anche il supporto di un suo valido pilota, Damian, istruttore di off road, nel caso di un’esaltante quanto arduo percorso fuori strada di 1500 km nell’entroterra del Paese.

Per indole Pizzo avrebbe voluto compiere ancora una volta un viaggio in solitaria, ma l’idea di andare alla scoperta di sconfinati e stupendi scenari naturali, dove però da solo avrebbe rischiato di perdere la bussola, ha subito catturato la sua mente. Anche la pur bravissima guida malgascia che l’ha affiancato nell’avventura talvolta ha avuto difficoltà a orientarsi nelle brughiere ove anche il gps non gli era granché di supporto.

Un aspetto logistico del viaggio stava nel cercar di compattare il più possibile il bagaglio che, se da un lato doveva servire per 10 giorni, dall’altro non doveva essere troppo d’impaccio nella guida fuoristrada. Sta di fatto che alla fine tra farmacia, qualche attrezzo, caricabatterie, torcia, antipioggia, igiene personale, acqua, tre chili circa di attrezzatura fotografica, cellulare e giusto un misero ricambio civile per la sera una volta tolti stivali e completo da cross, la zavorra da portarsi nelle sacche superava i 10 kg.

Un aspetto del viaggio stava nel fatto che la corrente elettrica nei villaggi in genere andava via verso le 21 per tornare la mattina alle 7; per doccia si doveva ricorrere al vecchio sistema della brocca e secchio d’acqua. I primi due giorni sono stati accompagnati da pioggerelle che hanno contribuito a rendere ancor più insidiose le argillose piste montuose, solcate da infidi e profondi canaloni, non mancando anche i primi guadi dei fiumi privi di ponti. Straordinarie le geometrie delle risaie potute ammirare specie ai piedi del Massiccio dell’Ankaratra.

Superata la regione di Ambatolampy, famosa per l’artigianale produzione di alluminio, si sono susseguiti una serie di altipiani tagliati da piste il cui fondo si alternava tra fango, sabbia e pietrisco. Il viaggio è proseguito salendo ancor più in quota tra gli sperduti crinali dell’Amoron-i-Mania, ove nell’attraversare un torrente Pizzo ha avuto il suo battesimo dell’acqua, dopo 45 anni in cui ne ha guadati indenne di tutti i tipi, dal Tibet alla Nuova Zelanda, dalle Ande alla Mongolia. A seguito del forte contraccolpo ricevuto dall’avantreno della moto per l’impatto con un grosso sasso sommerso è caduto in acqua. Subito “ripescato” il mezzo, acqua nello scarico ne era entrata poca, ma è stato l’impianto elettrico a dare preoccupanti segnali di black out. La tensione non è stata poca, giacché i due bikers erano spersi tra desolate montagne prive anche di segnale per il cellulare. Risolto l’impiccio, per Salvatore il problema è stato il dover guidare in pratica ancora per ore nel nulla con una brezza montana che accentuava ancor più i brividi di freddo causati dai panni fradici, oltre al pensiero che la sua attrezzatura Nikon avesse potuto subire conseguenze dalla caduta in acqua.

Ci ha pensato l’arrivo al cospetto dello stupefacente Allée des Baobabs a ridargli morale, con la parata dei suoi maestosi millenari Adansonia Grandidieri, divenuti ormai la cartolina simbolo del Madagascar. Giunti sulle rive del Mangoky, fiume ben più vasto dei precedenti, per superarlo hanno dovuto traghettare le moto su rudimentali piroghe-zattera, con buona pace degli alligatori.

Il viaggio li ha portati poi sulla costa del Canale del Mozambico di fronte alla Grande Barriera Corallina, toccando pittoreschi villaggi di pescatori e stupende baie cristalline, in un dedalo di profonde piste sabbiose immerse anche in rare foreste spinose di Alluaudia. E qui la velocità da tenersi doveva essere ben sostenuta se si voleva evitare d’insabbiarsi, mettendo al contempo sotto le ruote anche tutti i cespugli che capitavano davanti, sino a poi trovare anche quello infido al cui interno si celava quel qualcosa rimasto ignoto, contro cui all’improvviso Pizzo ha urtato violentemente la gamba destra.

Sebbene afflitto da un acuto dolore, l’istinto l’ha spinto a non fermarsi per andare meglio a verificare gli esiti della botta in un villaggio. A parte una ferita trasversale sulla gamba, al momento il resto è parso a posto. Si trattava solo di stringere i denti ancora due giorni nel guidare sino alla meta finale di Tuléar, dove ad aspettarli c’era il pick up per caricare le moto e far ritorno nella capitale. Rientrato in Italia, notando un maggior gonfiore della gamba e un colore bluastro sempre più evidente, a Pizzo è stata riscontrata una frattura che si è tradotta in un mese di gesso.