Pellame in “nero“ e fatture false Fra i 6 arrestati c’è un montecatinese

Sono 17 gli indagati. Coinvolte 13 società. La Finanza sequestra 740mila euro

Pellame in “nero“ e fatture false  Fra i 6 arrestati c’è un montecatinese

Pellame in “nero“ e fatture false Fra i 6 arrestati c’è un montecatinese

Ancora arresti e sequestri nel Comprensorio del Cuoio che resta sotto la lente in particolare per i reati di natura tributaria. Al centro anche stavolta un giro di false fatture, pelli vendute in nero tra documenti di trasporto fittizi e autotrasportatori compiacenti. Sistema scoperto da un imponente e capillare lavoro della guardia di finanza di Pisa con il nucleo di polizia economico-finanziaria.

Non a caso è battezzata "Vorrei la pelle in nero" l’operazione che ha portato, dopo un anno di indagini tra intercettazioni e appostamenti, all’esecuzione di 6 misure di custodia cautelare agli arresti, metà in carcere e metà ai domiciliari, per reati tributari, tra cui l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Sono finiti in carcere due campani, uno domiciliato a Santa Croce e uno a Montecatini Terme e un imprenditore siriano di Solofra. La misura dei domiciliari è stata applicata a due imprenditori, uno di Santa Croce e uno di San Miniato e a un siriano di Solofra. Eseguite anche 2 misure dell’obbligo di dimora (una carico di un imprenditore di Santa Croce e una a carico di un soggetto siriano residente a Solofra) e 14 sequestri preventivi per un importo complessivo di oltre 740mila euro. In totale sono 17 le persone denunciate e 13 le società coinvolte nella presunta frode, operanti per lo più nel comprensorio, ma anche in Campania, Marche e Veneto.

Le indagini avrebbero portato alla scoperta di "un sistema di società – spiegano una nota – che effettuavano sia operazioni commerciali di merce reale, tendenzialmente a nero, sia operazioni cartolari, supportate da fatture oggettivamente inesistenti e fittizi documenti di trasporto, emessi nei confronti dei clienti richiedenti e movimentati anche grazie al coinvolgimento di compiacenti autotrasportatori". Le forniture fittizie erano pagate con bonifico o con emissione di ricevute bancarie a cui seguiva la puntuale retrocessione in denaro contante delle somme pagate dal cliente, al netto di una provvigione "costituente l’illecito profitto trattenuto dal soggetto emettitore, di importo variabile tra il 3% e il 10% dell’imponibile della fattura".