REDAZIONE MONTECATINI

"Grazie al Santa Rita ora posso camminare"

La storia della giovane paziente che si è affidata all’équipe del dottor Gianni Nucci. Tre settimane per preparare il complesso intervento

Nel riquadro il dottor Gianni Nucci

Montecatini Terme (Pistoia), 16 novembre 2021 - Secondo il Registro italiano di Artroprotesi, l’anca è l’articolazione più operata (nel 56,3% dei casi di interventi di protesi). Circa il 33% della popolazione mondiale sviluppi una patologia degenerativa muscolo-scheletrica, specie se si considera l’età media sempre più elevat a. Tuttavia un intervento di protesi d’anca può rendersi necessario anche in pazienti giovani. E’ il caso di una donna 35enne che nel 2011 era stata operata per una frattura dell’acetabolo (la parte di bacino che si articola con il femore) e una lussazione dell’anca a seguito di un incidente. A distanza di un decennio, a causa di seri problemi di deambulazione, si è rivolta agli specialisti di Ortopedia e Traumatologia del Santa Rita Hospital a Montecatini Terme, ospedale di Gvm Care & Research, dove è stata sottoposta a un intervento di protesi all’anca.

"La paziente – spiega Gianni Nucci, responsabile di Ortopedia e Traumatologia al Santa Rita Hospital – zoppicava visibilmente e camminava a fatica. A causa della lesione, l’articolazione si è consumata molto rapidamente. Dal primo intervento a oggi la giovane si è sottoposta a diversi trattamenti per di prolungare la vita dell’anca, ma alla fine, dopo 10 anni, si è innescata una necrosi della testa del femore che ha consumato precocemente l’articolazione". Data la complessità del caso, l’indagine diagnostica è stata essenziale per individuare la modalità di intervento più adatta e la tipologia di protesi da utilizzare. La radiografia mostrava che al femore mancava la parte superiore poggiante sull’osso vivo dentro il bacino, provocando, oltre alla zoppia, dolori acuti. La risonanza magnetica ha evidenziato l’edema osseo, infiammazione cronica che colpisce l’osso residuo: l’équipe ha dunque optato per una protesi più estesa del previsto per riuscire a raggiungere la superficie sana cui ancorarla. La TC ha consentito il "bilancio osseo", ovvero di determinare la quantità di osso residua, sia della parte femorale che dell’acetabolo a coppa.

"Ero da tempo in cerca di un ortopedico che mi seguisse in maniera approfondita – racconta la paziente – perché erano ormai anni che soffrivo per la necrosi del femore. Non trovavo un dottore convinto a operarmi: tutti mi dicevano che era troppo presto. Non riuscivo più a camminare, il che mi impediva di proseguire il mio lavoro per il quale devo stare in piedi molte ore. Ho preso appuntamento con il dott. Nucci che, visti gli esiti della TC e della RM, ha detto che dovevo sottopormi all’operazione per applicare una protesi".

La fase preparatoria è durata circa tre settimane. "Al Santa Rita – commenta Nucci – abbiamo una buona casistica di interventi analoghi, ma ogni caso ha una sua singolarità. Abbiamo effettuato uno studio d’équipe per c apire quali dispositivi utilizzare, con quale angolazione posizionare la protesi e se fossero necessarie parti protesiche aggiuntive. Nell’acetabolo erano presenti viti risalenti al precedente intervento che potevano essere d’ostacolo, impedendoci di raggiungere il tessuto osseo sano. Con la TC è individuato al millimetro il posizionamento di queste viti, pur dovendo considerare una probabilità di incontrarle. Per poter concludere l’intervento anche in questa evenienza abbiamo dunque allestito la sala operatoria con tutti i dispositivi e gli strumenti utili a intervenire per vie alternative. La paziente, senza più dolore, è stata messa in piedi il giorno seguente e dopo cinque giorni di degenza è stata dimessa con utilizzo di stampelle per circa tre settimane". 

"Già dopo un mese dall’operazione – conclude la paziente – conducevo una vita normale e a distanza di un paio di mesi sono tornata al lavoro".