Omicidio di Montopoli, il cellulare della vittima smonta l’alibi

Giuseppe Marchesano non andò a casa di Scotto

Nella foto piccola Danny Scotto, nella grande Giuseppe Marchesano

Nella foto piccola Danny Scotto, nella grande Giuseppe Marchesano

Montopoli 16 novembre 2018 - L’alibi del compleanno che Danny Scotto, il presunto killer del 27enne Giuseppe Marchesano, non avrebbe mosso di un millimetro l’ipotesi accusatoria nei suoi confronti: l’operaio agricolo di Chiesina Uzzanese, coetaneo della vittima, ha raccontato al procuratore Alessandro Crini, al pm Sisto Restuccia ed ai carabinieri, che Marchesano andò a trovarlo a casa sua, proprio a Chiesina Uzzanese.

Sarebbe stata la sorpresa che quell’amico di vecchia data – con il quale i rapporti si era allentati – gli aveva fatto: e questo, per l’indagato, sarebbe stata anche la prova che tra i due non c’erano ruggini o incomprensioni che, invece, per la Procura, potrebbero essere alla base del delitto. Ma il racconto non reggerebbe ai riscontri: il cellulare del dipendente di una ditta tedesca di manutenzione multetti con sede a Firenze — ucciso nella sua abitazione a Castel del Bosco — non si è mai «mosso» da quella zona negli orari indicati da Scotto. Il telefonino non avrebbe mai agganciato celle che si trovano in altri luoghi. Compreso – e questo è il dato importante – quelle della zona di Chiesina Uzzanese dove risiede l’indagato per omicidio volontario, sottoposta a fermo lunedì sera all’esito di tre ore di interrogatorio.

Il 27enne, tuttavia – anche davanti alle contestazioni degli inquirenti – non ha ceduto. Non collabora, respinge ogni accusa, sostiene di non essere mai uscito di casa il pomeriggio del 9 novembre, quando è stato ucciso il suo unico amico, Marchesano. Amico che conobbe nei giorni delle scuole superiori a Pescia: un’amicizia andata avanti per anni e poi interrotta – a suo dire – senza un perché dal Marchesano che non avrebbe mai dato spiegazioni di quell’allontamento.

E qui, secondo le indagini, potrebbe annodarsi la ragione del crimine: in un ultimo tentativo di riallacciare il rapporto, e forse anche all’esito di un litigio o di una discussione accesa nella casa di Castel del Bosco, Scotto avrebbe fatto fuoco sei volte contro l’ex amico, centrandolo cinque volte: una sulla coscia e quattro al volto. E di questi tentativi Marchesano ne avrebbe parlato con alcuni amici – che non avrebbero mai conosciuto il presunto killer – raccontando che Scotto lo chiamava al telefono anche di notte con scusa banali. Ma soprattutto la Procura ha in mano un riscontro importante a cui Scotto non avrebbe saputo fornire spiegazioni: la presenza del suo pick-up – intestato ad un familiare – a 4 chilometri di distanza dall’abitazione di Marchesano, dove è stato ripreso da una telecamera di videosorveglianza.