
Quando racconta la sua battaglia contro la malagiustizia, Francesca Scopelliti si alza in piedi e guarda la platea con occhi cristallini e pieni di forza. "L’errore giudiziario è uno tsunami che lascia segni indelebili. Quell’ondata infamante ha travolto il mio compagno, Enzo Tortora". Ad ascoltarla un pubblico riunito nel Caffè storico delle Terme Tettuccio, in occasione dell’iniziativa promossa dalla Camera Penale di Pistoia. Il tema dell’incontro è la malagiustizia, alla presenza di Luca Maggiora, presidente della Camera Penale di Firenze e Beniamino Migliucci, ex presidente dell’Unione delle Camere Penali. Grazie a quest’ultimo, Francesca Scopelliti ha deciso di pubblicare le lettere che Enzo Tortora le inviava dal carcere.
"All’inizio non volevo – continua la senatrice – ero gelosa dei suoi scritti. Poi Beniamino mi ha detto che le lettere avrebbero impedito di far dimenticare il dramma di Enzo. Quindi ho deciso di renderle pubbliche".
Cicciotta, così la chiamava Tortora, ha vissuto in prima linea la vicenda giudiziaria che colpì il presentatore. "Lo arrestarono sulla base delle accuse infondate di alcuni pentiti. Ci trovammo nel centro di un uragano di infamie, ma Enzo resistette fino alla fine" ricorda Scopelliti. "Enzo non è morto di tumore, è morto di malagiustizia. Tuttavia all’epoca non avevo paura delle istituzioni, della magistratura. Sapevo dell’esistenza di una cultura sociale che avrebbe tamponato i danni dell’eccesso di potere. Sapevo dell’esistenza di Leonardo Sciascia e di Enzo Biagi. Adesso temo il futuro".
Secondo Scopelliti, la magistratura italiana starebbe attraversando un periodo di crisi e tale decadenza sarebbe testimoniata dalla stima di tre errori giudiziari al giorno. "Durante la mia battaglia – aggiunge – ho conosciuto molte vittime della cattiva giustizia. Ad esempio un ragazzo ha scontato ventidue anni di carcere per un omicidio che non aveva commesso. Quando è entrato in carcere la moglie era incinta, quando è uscito il figlio era maggiorenne". L’avvocato Beniamino Migliucci spera che il referendum sulla giustizia migliori la situazione. "La separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero è fondamentale per garantire l’imparzialità del processo. Soprattutto se si pensa che lo Stato ha già speso venticinque milioni di euro di indennizzi per ingiusta detenzione".
"Basterebbe applicare a pieno il principio della presunzione di innocenza, sancito dalla nostra Costituzione. E soprattutto bisognerebbe avere rispetto della dignità di un uomo, anche se accusato dei peggiori reati".
Benedetta Macchini