
Andrea Pellegrini: "Lo stile è tutto" "Ma scrivere è tenacia e impegno"
di Giovanna La Porta
Andrea Pellegrini è un montecatinese doc, ambasciatore dell’eccellenza nel settore dell’editoria. Docente di lettere all’alberghiero Martini, ha girato molte scuole superiori della provincia fin da appena laureato e per qualche anno ha lavorato anche come ricercatore e assistente all’università di Firenze. Apprezzato su tutta la penisola, la giuria della cinquantunesima edizione del Premio Letterario Basilicata per la sezione "narrativa" ha segnalato le opere di Andrea Pellegrini con il suo ultimo lavoro "Piccole indecenze. Un amore pericoloso di Ugo Foscolo".? La cerimonia di premiazione si è tenuta nell’ottobre scorso al teatro Stabile di Potenza. Il romanzo, che si ispira a fatti realmente accaduti, racconta gli esordî della storia d’amore fra Ugo Foscolo e la Contessa Fagnani Arese, la famosa Amica risanata dell’ode, con un finale a sorpresa.
Ci può raccontare in cosa consiste il suo lavoro di scrittore e ricercatore?
"Ho sempre vissuto questo lavoro come uno scavo, un possibile avvicinamento alle zone più sfuggenti di noi stessi grazie al dominio temporaneo di parole, ritmo, tono, e perciò del pensiero e delle passioni. Insomma come una formidabile azione di conoscenza capace di lasciare una traccia, nel migliore dei casi, ma resa legittima solo da un reale e costante ascolto degli antenati".
Quali studi ha seguito?
"Ho avuto buoni maestri. Quando ero molto piccolo, la colta e sensibile professoressa montecatinese Ornella Morandi, purtroppo mancata qualche anno fa, e poi all’Università Adele Dei e Marino Biondi, ancora oggi amici veri e guide fondamentali. Dopo il liceo Salutati, la Laurea in Lettere e poi un Dottorato Internazionale di Ricerca. Oggi non smetto di imparare da amici e colleghi importanti come Alessandro Ceni e il professor Enrico Tiozzo dell’Università di Göteborg".
Quanto conta il carattere per raggiungere certi risultati?
"Chi pensa che la scrittura sia solo il frutto di un geniale ed estemporaneo talento si sbaglia. E in questo senso il carattere conta moltissimo perché tutto, o quasi, è reso possibile dall’esercizio e quindi dalla nostra perseveranza".
Vogliamo elencare le pubblicazioni?
"Per l’editore Helicon curo da anni insieme all’amico Michele Rossi la collana Occhio di bue dove ripubblichiamo le opere dimenticate di grandi autori del passato, e mi sono occupato personalmente di Da Verona, Cardarelli, Mariani, Foscolo e di un d’Annunzio che uscirà presto in libreria. Lettera dalla Norvegia con Cardarelli protagonista fu la mia prima biofiction nel 2006, seguita dal romanzo giallo Come una madre e dal saggio La seduzione del classico negli anni del moderno nel 2014. L’editore Castelvecchi ha pubblicato recentemente la mia seconda biofiction Piccole indecenze. Un amore pericoloso di Ugo Foscolo e sto lavorando ormai da molto tempo a un altro romanzo dello stesso tipo che racconta la storia di Ungaretti in trincea".
Come si può sintetizzare la bellezza di leggere?
"È il miglior modo per colmare la naturale insufficienza del presente che passa".
Ha un sogno nel cassetto?
"Lo stile, come diceva Emile Cioran, è tutto. E forse, se ho un sogno nel cassetto, è che un giorno il mio stile venga riconosciuto per la sua coerenza e per la sua sobrietà".
Nomination e premi conseguiti?
"A questo proposito mi sento un po’ un Arturo, il protagonista del Pesce innamorato di Pieraccioni, che arrivava sempre secondo ai premi letterari. Io sono stato ex equo al Premio Pontiggia 2007, secondo al Premio Firenze 2014 e recentemente, dietro a Maurizio De Giovanni, ancora secondo ed ex equo al Premio Basilicata 2022. Forse alla fine ci vorrà anche per me, come in quel film, una "Racconteria dello zio?".