Al Ceq di Monsummano le firme dell'alta moda sperimentano le mascherine chirurgiche

Il laboratorio usato dalle grandi griffe adesso si è convertito in centro di certificazione di dispositivi medici

Prove di respirabilità delle mascherine chirurgiche al Ceq di Monsummano

Prove di respirabilità delle mascherine chirurgiche al Ceq di Monsummano

Monsummano, 27 marzo 2020 - «Le aziende stanno comprendendo che il futuro della loro economia può essere nella produzione di dispositivi medici. Non si può delegare solo all'estero la produzione di mascherine e presidi di protezione individuale». E' così che il responsabile del Ceq, il centro di qualità ed eccellenza di Monsummano Giuseppe Gori traccia un possibile futuro per molte aziende che in questo momento stanno collaborando con il laboratorio per certificare le mascherine prodotte. In accettazione il Ceq ha già decine di modelli di mascherine, prodotte soprattutto da aziende locali ma anche da una trentina delle Lombardia e altre del Veneto, pronte per essere testate e certificate.

Il Ceq è nato nel 1998 per iniziativa congiunta della Camera di Commercio di Pistoia, dell’Associazione Industriali di Pistoia, ora Confindustria Toscana Nord e del Comune di Monsummano Terme, affidato in gestione dall’Ente camerale al centro di ricerca Next Technology Tecnotessile di Prato nel 2018. A seguito dell’attuale situazione sanitaria emergenziale a livello nazionale e globale, il Ceq ha attivato in tempi lampo un nuovo laboratorio interno per fornire i test di validazione delle maschere facciali ad uso medico, le cosiddette “mascherine chirurgiche”, necessarie al rilascio del nulla osta in deroga da parte dell' Istituto superiore di sanità ed anche per l’eventuale marcatura CE come dispositivi medici.

«Quando ci siamo resi conto che la situazione era seria – spiega Gori –abbiamo cominciato a progettare apparecchiature adatte per fare i controlli ai prodotti come le mascherine. Come succede in tempo di guerra, abbiamo cominciato a farsi pezzi in casa e finalmente siamo arrivati a montare le prime apparecchiature e abbiamo parallelamente lavorato con alcuni laboratori per fare massa critica. Abbiamo cercato laboratori in Turchia in Belgio, poi abbiamo pensato che fosse più pratico essere operativi in modo autonomo». Adesso il Ceq è pronto per testare i dispositivi medici.

«Noi ci concentriamo sulla parte dei test – prosegue Gori – non ci sono più di una decina di laboratori che lo fanno e non tutti di questi fanno le prove previste dalla normativa. I primi laboratori ci davano tempi di consegna fino a 5 settimane e ora a 6-8 settiamne e questo non risolve il problema del personale sanitario che ha bisogno di questi dispositivi». Ora al Ceq ci sono 5 postazioni per relativi test oltre una in remoto con smart working. «In questo modo diamo una mano che anche alle nostre aziende a cui si è ridotta la produzione perchè l'economia si sta azzerando. Io ho anche fiducia che qualcuno di queste aziende capisca che questo è un settore possibile e che non può essere delegato tutto all'estero. L'epidemia ci insegna che dobbiamo migliorare le caratteristiche dei prodotti – conclude Gori – e un giorno si potrebbe migliorare la qualità di questi dispositivi. Grazie a questo approccio multidisciplinare sia sulla parte prove che innovazione, alla prossima epidemia saremo tutti più preparati». Arianna Fisicaro