Un segno indelebile per la rinascita Il tatuaggio racconta la pandemia

Frasi, nomi, simboli, disegnati sulla pelle nell’anno più nero. Tante storie nella bottega di Matteo Mussi

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di Margherita Badiali

Il tatuaggio come simbolo di speranza, rinascita, per un amore o per un famigliare che non c’è più. Un disegno impresso sulla pelle per sempre per ricordarci di qualcuno, di un momento particolare della nostra vita o semplicemente per avere un pezzo d’arte scolpito addosso. Matteo Mussi di Chz Tattoing nella sua bottega, come ama chiamarla, imprime sulla pelle delle persone tutto ciò che a loro è caro o che semplicemente amano vedersi addosso. Un’arte quella del tatuaggio che soltanto da pochi anni viene definita tale, ma dietro al più piccolo tatuaggio c’è uno studio di anni e una lunga gavetta per imparare tutti i segreti della pelle, del colore e del disegno.

Oggi, in tempi di pandemia, da quando i negozi di tatuaggi hanno potuto rialzare le loro serrande la clientela è diventata la più disparata, non c’è più quel concetto di alcuni anni fa che la persona tatuata sembrava strana o fuori dagli schemi od eccentrica, adesso è più difficile trovare persone che non abbiano almeno un tatuaggio. "È salita tanto anche la fascia d’età – dice Matteo incontrato dentro alla sua bottega in Via Crispi a Massa mentre disegnava un progetto che forse finirà sulla pelle di qualcuno- pensate che ho tatuato anche un uomo di 80 anni, voleva che gli disegnassi la matricola di un soldato americano che lo salvò durante la guerra".

Ma quali sono i tatuaggi più "gettonati" in tempo di covid?

"Fortunatamente – racconta – nessuno è venuto a chiedermi di tatuare una corona o il virus o qualcosa che rimandasse alla pandemia, forse perché le persone si vogliono dimenticare questo periodo il prima possibile; invece i tatuaggi più in voga sono sicuramente quelli legati alla famiglia, alla perdita di un famigliare, al fatto di aver sconfitto il virus o simboli di buon auspicio. In diversi sono venuti da me dicendomi che non avrebbero mai pensato di tatuarsi ma adesso lo fanno e il motivo è perché “si vive una volta sola, oggi ci sono e domani forse no, quindi faccio questo colpo di testa”". Andare a farsi fare un tatuaggio in questo periodo storico è anche la voglia di vedere a piccoli tratti un ritorno alla normalità.

Matteo, come tutti gli altri professionisti nel suo settore sono molto attenti all’igiene e alla pulizia "nel nostro lavoro deve essere una costante – sottolinea –uno studio di tatuaggi deve dare un servizio preciso e attento. Abbiamo a che fare con il sangue e con altre malattie che spaventano più del Covid, quindi l’attenzione è al massimo, adesso abbiamo solo messo una mascherina in più e la visiera, per noi è una costante usare i guanti e i manicotti, sanificare i lettini tra un cliente e l’altro e prestare la massima attenzione all’igiene. Ho notato anche – continua Mussi – che le persone adesso sono molto più rispettose e più meticolose per l’igiene e la pulizia".

Come si diventa bravi tatuatori?

"Non so se sono bravo – sorride Matteo – ma so che ho fatto tanta gavetta, guardando con attenzione chi era più bravo di me, lavorando con loro fianco a fianco e provando tanto. Poi per essere definiti bravi tatuatori dobbiamo avere anche un’etica professionale, io ad esempio non mi sognerei mai di fare un primo tatuaggio a qualcuno sul viso o sulle mani, bisogna saper consigliare le persone, il tatuaggio non va via, quindi bisogna esserne certi quando si decide di farlo. Poi – conclude- mi avvalgo di diverse collaborazioni perché ogni tatuatore ha il suo stile e se ho un cliente che vuole farsi un certo tipo di tatuaggio che io tratto poco lo indirizzo su qualcuno di più competente in quello stile". Ormai tatuarsi è diventato un modo di esprimere se stessi e far capire qualcosa di sé e i tatuatori sono coloro che ci aiutano a darci un po’ di colore e allegria alla pelle ma soprattutto ci aiutano a raccontare con un disegno cosa amiamo e cosa ci sta a cuore "a prima vista".