
Tempo di castagne. Sui monti si fa ancora la lavorazione come una volta
Il castagno è stato impiantato nelle montagne apuane in tempi remoti, sostituendo man mano la macchia mediterranea. In seguito è stato innestato dagli abitanti locali con una specie più pregiata, la carpinese che si differenzia dalla specie selvatica per le dimensioni più ridotte e le sfumature rossicce. Il castagno possiamo considerarlo parte integrante del paesaggio apuano ed è stato definito "L’albero del pane" in quanto, soprattutto durante la seconda guerra mondiale, castagna e derivati sono stati l’alimento base delle popolazioni apuane. Un nostro lettore, Francesco Lazzoni di Altagnana, ci descrive un po’ la lavorazione della castagna, ritornando indietro nel tempo.
"Una selva di castagni era una ricchezza per ogni famiglia. Il pezzo di bosco veniva tenuto pulito, i castagni venivano potati. Mio nonno faceva questo lavoro: saliva su un albero, potava la pianta, poi senza scendere, facendosi dondolare, passava a un’altra pianta e così tutto il giorno per tutti i giorni dell’anno. Sul limitare della selva si costruivano dei muriccioli di terra e di foglie, affinché le castagne della proprietà cadendo, non andassero a finire in altra proprietà. Ogni castagna era importante e la pulizia sotto gli alberi era fondamentale per poterle trovare subito". E le selve erano pulite per poter raccogliere "l’oro marrone"! In casa di Francesco, così come in tutte le case dei nostri paesi a monte, avevano una cassapanca dove riporre la farina che poi sarebbe servita per tutto l’anno. "Ogni tanto si andava a prenderne un po’ per fare la polenta o i castagnacci – ricorda –. E quanti cavatori andavano alle cave di marmo con solo quelli!". Oggi, che ne è delle nostre selve? "Per poter continuare e mantenere questa tradizione, non basta la necessità economica, serve la passione. La passione per continuare una tradizione antichissima, e valorizzare un patrimonio di conoscenze che altrimenti andrebbe perduto. Ad Altagnana ho incontrato Maurizio che con la moglie Tiziana continuano questa pratica. Le castagne vengono messe su un essiccatoio e si comincia a far fuoco due volte al giorno in modo che non ammuffiscano. Si raccoglie per tutto ottobre e si continua ad aggiungere castagne. Poi, per tutto il mese di novembre, il fuoco resterà acceso giorno e notte. Le castagne diventano dure come pietre (secchine) così poi, ci sarà la battitura, per pulirle dalle bucce. Questo lavoro era fatto fino a qualche anno fa con mazze di legno chiamate mazzalanghe ed era un’arte, in quanto si doveva battere forte, ma non rompere la castagna e nello stesso tempo riuscire a togliere tutte le pellicine. Ora esiste una macchina che fa questo anche se serve poi la revisione di ogni pezzo. A pulitura effettuata si portano al mulino per la macina".
Ancora oggi nella Valle del Frigido, rispettando l’antica tradizione, si seguono tutti questi accorgimenti finalizzati a ricavare ottima farina dolce, un prodotto che andrebbe valorizzato molto di più sia per l’aspetto gastronomico ma soprattutto per la tutela dell’ambiente attraverso la tutela delle nostre selve.