Spiagge “intrappolate” tra le concessioni

Sempre più ridotti gli spazi del demanio lasciati alla libera fruizione, fra convenzioni e deroghe, degrado e depositi di lavarone

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Una distesa quasi ininterrotta di tende e ombrelloni a coprire la spiaggia fin dove si può, seguendo geometrie ben delineate fatte di linee rette, schemi e divisioni che hanno il sapore dei confini di guerra post colonizzazione. Dalla rotatoria di via Casola al confine con la Versilia. Prendendo in prestito un’espressione di Victor Hugo, il litorale massese a volo d’uccello appare come un enorme tetris di colori in cui i pezzi combaciano fino a far scomparire le righe di spiagge libere. Restano piccoli fazzoletti di grigio per la libertà’di piantare un ombrellone. Negli anni i privati piano piano si sono allargati. In cambio dei servizi di sorveglianza, pulizia e decoro gli stabilimenti, se ci sono, hanno avuto la convensione per fette di territorio ‘libero’, in teoria il 45% sul totale al massimo.

Così le spiagge sono diventate più piccole e dimenticate. Sporche il più delle volte, trasformate in punti di accumulo per lavarone che le onde vomitano quasi a ogni mareggiata. Il privato se ne libera portando tutto lì. Poi qualcuno passerà a toglierli, prima o poi, con costi a carico del Comune – e di tutti i cittadini - tramite Asmiu: spesa che negli anni passati si aggirava sui 200mila euro. Spiagge che non possono essere gestite e sorvegliate in house dal Comune perché costerebbe troppo. E in molte ci sono i cartelli di pericolo per l’assenza del servizio di sorveglianza balneare.

Eppure il mare dovrebbe essere di tutti, così come dovrebbe essere garantito l’accesso alla battigia circa ogni 200 metri tramite appositi passaggi pedonali: molti disegnati nel Piano dell’arenile degli anni ’90 sono però spariti, altri ridotti e poco visibili, la stessa Capitaneria di Porto questa estate è intervenuta per farne liberare due dai bagni confinanti. Spetterebbe a loro tenerli puliti.

Ci siamo fermati alla rotonda di via Casola ma il litorale prosegue a nord, fino alla Partaccia. Qui di sabbia ne è rimasta ben poca e quella che c’è è tutta occupata dai quadrati di ombrelloni ben allineati: non c’è spazio per la libertà. A meno che qualcuno non voglia dire che quelle distese di sassi e scogliere davanti alle colonie o all’alberghiero sono spiagge. No, sono piuttosto accumuli di detriti abbandonati. Per non parlare del terrapieno davanti alla ex Colonia Torino ancora transennato in attesa dei lavori di rimozione rifiuti: il bando, come anticipato da La Nazione, è stato pubblicato solo pochi giorni fa da Sogesid e sara pronto la prossima estate.

La spiaggia libera del Lavello, poi, è una delle ‘vergogne’ finite nel report di Legambiente perché qui c’è il divieto di balneazione permanente. Le soluzioni forse ci sono ma hanno tempi lunghi. E poche risorse. Da un lato c’è il piano dell’arenile e dei viali a mare, in fase di definizione da tecnici esterni per conto del Comune: fra gli obiettivi c’è aumentare il rapporto fra spiagge libere e concessioni oltre il 20%. Secondo il report di Legambiente, l’occupazione dell’arenile a Massa è del 90,3%. Soprattutto c’è da recuperare sabbia nella zona fra Partaccia e la rotonda di via Casola dove ormai ci sono solo detriti. Il Comune ha elaborato il masterplan di difesa della costa dal Frigido al Lavello ma i 22 milioni di euro stanziati nel 2010 da Regione e Ministero non ci sono più, dirottati su altri interventi. E’ su questo fronte che si dovrà lottare se si vuole recuperare spazi per mettersi al sole in ‘libertà’: riottenere quei finanziamenti e magari qualcosa in più tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Purtroppo tutto tace e il volo d’uccello sopra la costa lascia l’amaro in bocca.

Francesco Scolaro