Carrara, 3 agosto 2023 - Mentre l’Asl si affretta a garantire la bontà delle scelte sui trasferimenti dei servizi sanitari, i cittadini pensano alla sommossa. C’è chi parla di fiaccolata, chi di manifestazione in piazza per difendere quei servizi sanitari che al centro polispecialistico Achille Sicari non ci potranno più stare. Dopo un pasticciaccio che ha visto ripetuti sopralluoghi dei vigili del fuoco che hanno denunciato una situazione di alto pericolo e di incuria nei sette piani del monoblocco, da anni trasformato in poliambulatorio, ora Carrara è alle prese con il trasferimento di servizi delicati e importanti. Così è bastato che l’Asl facesse sapere che la chemioterapia finirà al Noa di Massa che tutti i pazienti, ma anche chi vive e lavora nei pressi del monoblocco, insorgessero in difesa di servizi sanitari in una città che nel giro di 15 anni ha visto il progressivo smantellamento delle sue eccellenze. Così è stato con il materno infantile trasferito a Massa per poi vedere chiudere tutte le altre corsie portate di botto al nuovo Noa di Massa. Adesso il monoblocco che conteneva la gran parte dei servizi cittadini dovrà essere del tutto svuotato e seppure l’Asl si affretti a rassicurare che nel 2030 sarà riaperto, in pochi ci credono.
Piuttosto le energie della sindaca Serena Arrighi, dei comitati e dell’Asl dovranno convergere sulla realizzazione di una palazzina ex novo, sempre a Monterosso, che con 6 milioni dovrà far fronte ai nuovi spazi. Un progetto ancora nella fase di fattibilità e che se tutto va bene vedrà la gara nel 2024. "La prima stecca sarà inaugurata alla fine del 2026". Un po’ poco per far star tranquilli cittadini, pazienti e sindacati. Intanto è stato assicurato che in container e negli edifici di Monterosso andranno diabetologia, endocrinologia, oculistica e dermatologia, mentre l’Asl prevede la divisione di oncologia che manterrà nella città dei marmi il follow up, mentre vedrà "per il bene dei pazienti" la chemioterapia al Noa di Massa. Le cure intermedie alla rsa di Fossone, adesso in preda ai rovi. Il piano spezzatino dell’Asl che ha scatenato uno tsunami con l’opposizione che chiede le dimissioni della sindaca e i comitati che stano affilando le armi per una protesta già nota nelle piazze di Carrara. Intanto il governatore Eugenio Giani rassicura: "Appena conclusi i lavori, tutti i servizi torneranno dov’erano".
Il punto in Toscana
Il numero degli ospedali toscani non diminuirà: 45 sono e 45 resteranno. Ma che fine faranno i piccoli ospedali? Saranno depotenziati sino a renderli inutilizzabili e rischiosi? Il progetto che la Regione ha messo in piedi e al quale ha già dato corpo è fornire una vocazione specialistica a ogni piccolo ospedale di base, nel contesto della rete, per garantire prossimità delle cure.
E non è tutto. Anche per evitare l’affollamento dei grandi pronto soccorso destinati a offrire risposte tempestive alle emergenze, nei piccoli ospedali, come è successo al Serristori di Figline Valdarno, al posto del pronto soccorso che non aveva più i requisiti necessari, è stato aperto un ambulatorio di primo soccorso, dalle 8 alle 20, nel quale convogliare i codici a bassa priorità, gli ex azzurri e bianchi (che adesso sono 4 e 5), in modo da dare risposte in tempi accettabili ai casi meno gravi e nel contempo abbassare la pressione nei grandi pronto soccorso.
Da non sottovalutare anche la vocazione chirurgica. Si stanno realizzando chirurgie ad elevata specializzazione dove vengono spostati professionisti di alto livello. Naturalmente negli ospedali periferici vengono inviati i pazienti meno complessi, ma questo progetto rappresenta una via d’uscita anche al complesso problema delle liste d’attesa.
Per esempio il Serristori di Figline è diventato un centro di attrazione per la cataratta, mentre all’ospedale di Castelnuovo Garfagnana è stata potenziata la chirurgia generale portando dal San Luca di Lucca un chirurgo di livello: è stato così possibile abbattere i tempi d’attesa anche sul capoluogo di provincia. "Non ho sacrificato nessun ospedale nonostante con la logica delle razionalizzazioni sia stato più volte sollecitato a chiuderli o depotenziarli – spiega il governatore toscano Eugenio Giani – Credo che mantenerli aperti e trovare per ciascuno una vocazione sia un grande contributo che va incontro al modello più avanzato di prossimità delle cure".
Dunque avanti così. A ciascun piccolo ospedale la sua vocazione. A Pescia si è stati costretti a chiudere il punto nascita per mancanza delle caratteristiche di sicurezza, ma si è deciso di potenziare la chirurgia ginecologica per pazienti da sottoporre successivamente a procreazione assistita. Il bando è andato deserto. Ma questo è un altro problema che sarà affrontato. La Regione è partita dall’Elba ma arriverà anche agli ospedali periferici con incentivi economici e di carriera per richiamare professionisti. Intanto Giani ha messo la prima pietra per l’ampliamento dell’ospedale Santo Stefano di Prato, che non è un piccolo ospedale. Anzi, ha necessità di diventare più grande.