
Ma la lingua italiana è “maschilista”?
La lingua cambia nel tempo in base all’uso che se ne fa e di conseguenza si adegua sia all’ambiente che alla società in cui si vive. Quest’ultima è cambiata molto negli ultimi anni, anche perché le donne hanno un ruolo sempre maggiore nel mondo del lavoro, infatti svolgono professioni che non avevano mai fatto prima, essendo destinate ’tradizionalmente’ agli uomini. Tuttavia, a volte, nascono dei problemi nel formare il femminile di nomi di mestieri un tempo solo maschili. La lingua italiana è quindi ’maschilista’, cioè privilegia il maschile rispetto al femminile? Probabilmente sì, anche perché se abbiamo un maschio e una femmina l’aggettivo che li definisce viene sempre declinato al maschile (’Ugo e Lia sono simpatici’), così come si usa il maschile quando ci si riferisce a un gruppo composto da maschi e femmine. Per superare questo problema oggi si tende a nominarli entrambi (’tutti e tutte, ragazzi e ragazze’). Ma è davvero importante specificarlo? È una forma di rispetto o un’inutile sottolineatura delle differenze di genere? Inoltre è davvero importante sapere se quello che ci costruisce la casa, ci cura, ci aggiusta il rubinetto è un maschio o una femmina? Secondo alcuni specificare il genere potrebbe rischiare di far passare in secondo piano la sostanza e le capacità professionali di una persona, mentre per altri è una giusta rivendicazione del ruolo delle donne nella società. Non esiste una risposta corretta. È giusto porsi la domanda, ma probabilmente il solo fatto di farsela indica che non c’è una vera parità tra uomini e donne nella mente delle persone.