
In arte era ’Bugelli’, sempre armato della sua magica chitarra (Foto Pasquali)
Licciana Nardi (Massa Carrara), 30 aprile 2025 – E’ morto l’ultimo cantastorie della Lunigiana. Luigi Fabbri, 82 anni da Panicale, meglio conosciuto come Bugelli, se n’è andato ieri mattina nella sua casa di Licciana Nardi assistito dalla moglie Silvia e compianto dai figli Paolo e Debora.
Lo accompagnano nel suo viaggio verso l’eternità i suoi accordi di chitarra e armonica che rendono dolci le melodie della memoria popolare. L’ultimo canto l’aveva elevato per difendere la pace, perché aveva un’insaziabile sete d’amore assieme a un ingenuo e disincantato bisogno di cantare il cuore della sua terra. “Tempi di guerra, tempi assassini, che bruciano case con donne e bambini”, questi i versi di una delle sue ultime composizioni in cui esprime il dolore per un mondo armato.
Amava suonare da solo, ma con la band si immergeva in suoni che accendevano la scrittura musicale delle canzoni sottolineandone un naturale spirito blues, quasi sciacquato nella Magra. La malinconia e lo sberleffo erano un segno distintivo del canto del menestrello che non disdegnava di calarsi su temi della contemporaneità attraverso paradossi naif. Chi non conosce “Cava la pegra” una sorta di canzone simbolo del repertorio di Bugelli? Ma il cantastorie ha saputo toccare anche altre corde: è stato artista geniale e brioso, quasi caricaturale. Attraverso le sue canzoni ha descritto un mondo che non esisteva più, se non nella sua memoria. “Sona la piva, bata i carcagni, l’è pù l’impresa che i guadagni”, in questi versi cantati c’è forse tutta la sua biografia di menestrello. Un percorso fatto di passione e sentimento senza altri fini. “Sono sempre stato un tappabuchi negli spettacoli popolari in Lunigiana. Col tempo mi hanno fatto diventare protagonista”, soleva ripetere. Sembrava un po’ sorpreso Bugelli, da questo cambio di ruolo. Aveva cominciato a cantare da giovanissimo seguendo i cantanti americani. Lo faceva impazzire “Tutti Frutti“ di Little Richard. Ma lui gradualmente ha messo in mostra uno spiccato talento musicale e la capacità di cogliere attraverso semplici testi dialettali il lato B di una cruda realtà di paese, fatta di lavoro nei campi e di grandi sacrifici, senza sconti nemmeno per i ragazzini, come lui stesso, costretti anzitempo a guadagnarsi il pane. Un lungo slalom tra sagre, taverne e fiere. Ha vissuto il tempo della maturità e i suoi occhi traguardavano il futuro con un accenno di mestizia. Era il contrappunto laico della sua anima. “To have the blue devils“ ( ho i diavoli blu, cioè sono triste) – commentava – Tutte le mie canzoni hanno un sottofondo malinconico che deriva forse da questo ‘ imprinting’”.
L’ultimo cd ha un titolo che è tutto un programma: “Rumba n’ beat“. Chitarra e armonica creano un sound dal gusto country pop da incorniciare nella memoria. C’è un sincero cordoglio per la scomparsa di Bugelli. Lo ricorda per primo Eddy Mattei, produttore musicale e amico carissimo. “E’ stato un alfiere della cultura contadina del territorio - dice - come un antico rapsodo vagava sul filo della parodia seguendo sentieri di metafore facilitate dalla creatività dialettale in un gioco di ammiccamenti e rimandi culturali”. L’anima di Bugelli arrivava fino al mare saldando il Golfo con le Apuane, lo sottolinea nel suo cordoglio il giornalista spezzino de La Nazione Corrado Ricci. “Non è un caso che nel repertorio delle sue canzoni ispirate al territorio ci fosse anche quella da lui composta per la Madonna delle Grazie con citazioni dei borghi del Golfo. Quando, insieme alla sua band, la cantò nel porto antico delle Grazie nel 2016 e 2017, durante gli eventi autunnali ‘Castagne Beat Boat’ organizzati con la Pro Loco - ricorda Ricci - ci fu commozione tra gli ascoltatori”.
N.B.