di Alfredo Marchetti
Sangue blu versato, aspre battaglie di fanti e cavalieri. Lucrezia Borgia e la Chiesa, con papa Leone X, che strizza l’occhio alla culla del Rinascimento. Sullo sfondo una Garfagnana devastata dal brigantaggio. Ludovico Ariosto si trova nella scomoda posizione di dover governare una terra di confine, che fa gola a molti. È un poeta, non è avvezzo a risolvere i conflitti con la spada. La ’realpolitik’ dell’epoca non è cosa per lui. Le sue mani non sono abituate a sporcarsi di sangue. Al massimo d’inchiostro. E oltre a queste ’piccole spine’ amministrative, l’uomo di cultura si trova nella scomoda posizione di non poter gettare la spugna, abbandonare l’incarico che gli è stato conferito. Sarebbe un affronto enorme. Alfonso I D’Este, terzo duca di Ferrara, Modena e Reggio, l’ha nominato governatore della Garfagnana, terra di suo dominio. Un po’ perché il letterato aveva dato prova della sua bravura diplomatica in passato, un po’ perché è oggettivamente al verde: la seconda ristampa del suo nuovo manoscritto, un certo ’Orlando furioso’, non stava dando i risvolti economici sperati, le casse private erano praticamente vuote. Il 30 gennaio 1524, assediato dai briganti, decide di prendere il coraggio a quattro mani e scrivere al consorte di Lucrezia Borgia (lettera conservata all’archivio di Stato di Modena): "Se vostra excellentia non mi aiuta a difendere l’honor de l’officio, io per me non ho la forza" inaugura la sua missiva. Il drammaturgo, visibilmente frustrato, spiega dettagliatamente al signore estense di avere in consegna un certo ’Zenese’, assassino del conte Giovanni da San Donino. Non sa cosa fare, spera che il signore estense decida per lui. Riferisce al suo signore se ha il permesso di abbattere campanili e canoniche perché è sicuro che i mercenari trovino riparo sotto la tonaca del clero, compiacente con Firenze. Lo fa presente, ma non è stupido: è consapevole che la Santa Sede potrebbe far esplodere ritorsioni. Il duca artigliere (soprannominato così per il suo amore per i cannoni), da buon politico, ringrazia il suo uomo in trincea. Nella missiva di risposta, scritta il 13 febbraio 1524 e riemersa dalle sabbie del tempo un anno fa grazie alla indagini dei carabinieri del nucleo patrimonio artistico e culturale di Venezia, l’erede di Eleonora d’Aragona di fatto autorizza il giudizio del brigante omicida e lascia ’carta bianca’ alle decisioni del letterato, ritrovatosi nella scomoda posizione di ’commissario’ in terra di guerre.
L’incredibile ritrovamento della missiva di risposta è stato presentato ieri mattina all’archivio di Stato di Massa, legittima casa dello straordinario documento che fa parte dell’inventario redatto nel 1903 dal primo direttore, Giovanni Sforza, nell’opera ’Documenti inediti per servire alla vita Ludovico Ariosto’, pubblicati postumi, nel 1926. Ben 117 lettere di Alfonso I d’Este ad Ariosto conservate nell’Archivio della Garfagnana, che dal 1861 si è riversato a Massa dopo l’unità d’Italia. Il territorio montano, dopo 65 anni sotto la provincia, diverrà lucchese nel 1923. L’autenticità della lettera rintracciata dagli uomini dell’Arma è stata confermata dal lavoro del primo direttore dell’archivio di Stato massese. I carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica del tribunale di Verona, con l’ausilio dei funzionari della direzione generale archivi e i relativi uffici periferici del ministero della Cultura, a luglio hanno intercettato il bene in una trattativa privata e quindi proceduto al sequestro, quale “bene culturale” demaniale inalienabile. Un antiquario di Verona era venuto in possesso del documento, dopo averlo acquistato dall’Inghilterra e aveva pensato bene di farlo visionare all’archivio di Stato di Modena. Alla direttrice Lorenza Iannacci è scattato un campanello d’allarme. Immediatamente è stata allertata la Sabrina Mingarelli del ministero della Cultura e successivamente la Soprintendenza archivistica e bibliografica Veneto e Trentino Alto Adige con Annalisa Rossi che ha rivendicato il manoscritto. Da lì sono intervenuti i carabinieri è ora c’è un fascicolo aperto della magistratura di Verona per fare luce sui passaggi ancora oscuri, come la provenienza del documento e le cause che hanno portato alla scomparsa della missiva da Massa, probabilmente prima degli anni ’70.
"Parliamo della storia del nostro territorio – ha esordito il prefetto Guido Aprea –. Il lavoro dei carabinieri ha svelato un maledetto giro di vendite illecite, da opere d’arte a libri antichi. La lettera è una documentazione storica del territorio della Garfagnana e di Ariosto quando venne nominato governatore nel 1522: ne testimoniano la gestione del territorio. Ringrazio il nucleo dell’Arma. Un pezzo di storia torna nel territorio". Andrea Tagliasacchi, sindaco di Castelnuovo Garfagnana è entusiasta del ritrovamento: "Sono molto contento. Questa è un’occasione per parlare dell’iniziativa culturale che da anni il nostro Comune rimette al centro il ruolo del periodo degli Estensi al governo del nostro territorio. Uno dei più grandi poeti ha amministrato la Garfagnana dal 1522 al 1524. È affascinante tutto questo. Addirittura siamo venuti a sapere che Vinicio Capossela pubblicherà due canzoni che parlano di Ariosto e la Garfagnana nel suo prossimo disco, dopo esser stato ospite da noi l’anno scorso".