"Le cave chiuse? Fu un deterrente"

L’udienza al Tar sul 58bis. La lettera del sindaco in difesa delle ditte

Francesco De Pasquale

Francesco De Pasquale

Carrara, 3 aprile 2019 - Per l'avvocato del Comune le cave avrebbero dovuto stare ferme 4 anni, per il legale della Regione il provvedimento è stato «un deterrente». Questa la posizione delle istituzioni di fronte al Tar ieri mattina che è entrato nel merito del ricorso presentato dalle aziende contro il 58bis. Un dibattito di oltre un’ora e mezzo in cui secondo l’avvocato del Comune, alla domanda del presidente, le cave in questi 4 anni di norma transitoria avrebbero dovuto «stare ferme», mentre per il legale della Regione il provvedimento che ha messo i lucchetti a un gruppo di cave perché sforavano rispetto al disegno dei piani di coltivazione è «stato un chiaro deterrente».

Così in attesa delle sentenza che il tribunale emetterà nei prossimi giorni, l’avvocato Riccardo Diamanti, che con Sergio Menchini, Giuseppe Morbidelli, Roberto Righi e Antonio Lattanzi difende le tre cooperative e Assindustria parla di un chiaro errore del Comune. Nel procedimento di ieri l’avvocato Nando Genovesi difendeva la cava di Sponda e Lorano 2 e Cristiana Carcelli Ingram. «L’errore del Comune – spiega Diamanti – è aver delegato alla Regione ogni decisione. Il parere dell’avvocatura poteva essere considerato soltanto un parere. Invece ci si è appiattiti sulla Regione, dove parte dell’amministrazione è decisa contro le cave e le considera male assoluto. In questo momento il Comune dovrebbe riprendere le redini delle decisioni in mano e riaffermare la propria autonomia e il proprio ruolo. Ieri il presidente del Tar ha chiesto come mai solo a Carrara si siano adottati provvedimenti tanto drastici e le è stato risposto che si trattava di un deterrente. Nel frattempo il Comune tiene la linea dura per allinearsi con la Regione anche se lo scorso luglio il sindaco la pensava diversamente».

Così Diamanti ha prodotto agli atti la lettera che Francesco De Pasquale scrisse a Firenze l’indomani della chiusura delle prime cave, dove chiaramente difendeva la legittimità delle autorizzaizoni postume, quelle che alle imprese avevano sempre consentito di lavorare con una sanzione e un nuovo piano di coltivazione. De Pasquale, a differenza dei legali di Piazza Due Giugno, il 31 luglio scorso scriveva «della ratio della disposizione finalizzata a rendere più flessibili i titoli abilitativi in modo da non ostacolare eccessivamente l’esercizio delle attività imprenditoriali e alleggerendo gli oneri procedimentali a carico del Comune». Nella stessa nota il sindaco difendeva i 105 posti di lavoro e sottolineava gravissime ricadute occupazionali derivanti dalla disposizione della Regione, nonché approvava l’abitudine della compensazione sull’escavato così come tutto quello che al monte era avvenuto negli anni, prima che a qualcuno venisse in mente di chiedere il parere dell’avvocatura della Regione.