CRISTINA LORENZI
Cronaca

Labodif contro le disparità. La rivoluzione femminile di Mazzini e Galletti per riformare la società

Hanno fondato un laboratorio per dare voce e consapevolezza alle donne "Massa ha un dialetto già avanti: il neutro non esiste". Presto un nuovo centro.

Labodif contro le disparità. La rivoluzione femminile di Mazzini e Galletti per riformare la società

Labodif contro le disparità. La rivoluzione femminile di Mazzini e Galletti per riformare la società

Ci sono scienziate come Katalin Kariko, madre dei vaccini a mRna, campionesse come Sofia Goggia, politiche come Von der Leyen, attiviste come il premio Nobel Narges Mohammadi, artiste come Paola Cortellesi. Fra le donne del 2023, di una classifica nazionale, anche la milanese naturalizzata apuana Giovanna Galletti e la massese Giovanna Mazzini, fondatrici di Labodif, il Laboratorio delle differenze che da oltre 20 anni punta a dare consapevolezza alle donne e dare voce a quella metà del cielo che spesso non sa di averla. Proprio per la volontà di colmare ’il grande mancante’, cioè quello sguardo femminile necessario per superare il pensiero unico, Galletti e Mazzini figurano nel gotha delle donne che cambiano il mondo. Si chiamano tutte e due Giovanna: Galletti è milanese, bocconiana, economista; Mazzini è toscana, regista, documentarista. Si conoscono nel ’93 e scoprono che mettendo insieme le proprie opposte competenze avrebbero potuto dare un contributo alla lotta e all’affermazione delle donne. "Dirigevo un istituto di ricerca – spiega Galletti – e dai contatti con Giovanna, di formazione più umanistica, pensammo che sarebbe nato qualcosa di buono".

Cosa nacque da quell’incontro?

"Il Labodif: un’associazione di ricerca e formazione diventata una scuola che vuole vedere il mondo dal punto di vista delle donne. Dal 2001 insegniamo a enti, studenti e istituzioni, che il cambiamento è possibile e che la realtà, seppure codificata dagli uomini, è sempre contrattabile".

Chi si rivolge ai vostri corsi, chi sono le vostre allieve?

"Oltre 350 donne di tutte le età ed estrazione sociale. In tutta Italia facciamo corsi sull’importanza della consapevolezza di avere voce e di poter cambiare. Le nostre allieve sono docenti universitarie, avvocate, dottoresse e, ognuna nel proprio ambito, portano un germe di cambiamento che è un’autentica rivoluzione. Il punto di vista dei maschi e delle femmine non deve essere divisivo, semplicemente – è l’aspetto originale del progetto di Mazzini e Galletti – bisogna che le donne possano esprimere tutto ciò che da sempre è sepolto e chiuso. Il modo di pensare delle donne è condizionato dal mondo maschile. La scuola, che tiene corsi in tutta Italia, ha disegnato un percorso in varie tappe che puntano ad aumentare e accrescere la consapevolezza, la percezione e il valore di sé.

Quali sono vostri temi?

"Lavoriamo sul concetto di tempo, conflitto, libertà, stereotipo, idea di potere, leadership. I progetti interessano enti pubblici, istituzioni, università, scuole. Qui abbiamo lavorato con la Camera di commercio. I corsi sono destinati a qualsiasi donna che desideri risolvere aspetti di sé ancora non chiari. Le donne hanno la spiccata abitudine di vivere senza esserci. Una parte di sé spesso rimane inespressa, lasciata da un’altra parte. Come se in certe situazioni mandassero una controfigura. Noi con il nostro seme riusciamo ad abbattere barriere in ospedali, tribunali, università, luoghi di lavoro. La realtà si cambia con la presenza. Nel periodo del Covid diverse allieve, medici e infermiere, che lavoravano nel reparto di rianimazione di Cisanello avevano con noi provato a costruire un nuovo protocollo per consentire ai parenti la visita ai propri cari. Consapevoli del benessere che ne sarebbe derivato sono riuscite e sfondare quel muro costruito da altri. Le donne devono imparare che la realtà è sempre contrattabile e quello che uno sente vale di più della regola esistente. Proprio noi donne siamo capaci di percepire dall’esperienza piuttosto che dalle regole.Lavoriamo sulla rivoluzione capace di incrinare la realtà".

Come lavorate sul tema dei femminicidi?

"Operiamo con i centri antiviolenza per aumentare la percezione. A capire al primo schiaffo si arriva con un lungo percorso di consapevolezza. A scuola si impara la postura per arrivare a sradicare certi comportamenti e acquisire forza".

Come arrivano messaggi del genere in provincia?

"La grande città ha un’apertura diversa, ma Massa ha un dialetto che è già avanti: tutte le parole finiscono con O o con A: dottora, ingegnera. Qui il neutro non esiste. In Toscana apriremo la nostra nuova sede. Il periodo del Covid ha imposto una rinascita: ci ha obbligati a fermarci e riflettere. Così il bisogno di affermare il proprio pensiero".