In ginocchio e tre spari. La follia omicida di Bedini nelle pagine descritte dai giudici

Nelle motivazioni della sentenza di ergastolo la furia del falegname e il chiaro disprezzo per la vita delle due donne uccise barbaramente. Cadavere occultato e chiare ustioni sul corpo le aggravanti.

In ginocchio e tre spari. La follia omicida  di Bedini nelle pagine descritte dai giudici

In ginocchio e tre spari. La follia omicida di Bedini nelle pagine descritte dai giudici

Sono indizi precisi e gravi quelli che inchiodano Daniele Bedini. Il 36enne falegname di Carrara, ribattezzato ‘il killer delle prostitute’, è condannato all’ergastolo dallo scorso dicembre dopo gli omicidi commessi ai danni di Navila Pjetri e Carlo Camilla Bertolotti, avvenuti a poche ore di distanza tra il 5 e il 6 giugno 2022.

Le decine di pagine in cui sono elencate le motivazioni dietro la condanna di ergastolo, decisa dalla Corte d’Assise di La Spezia, non lascerebbero dunque spazio a molte interpretazioni, con documenti che confermano il grave quadro ricostruito nel corso delle indagini degli scorsi mesi. Secondo la Corte d’Assise non esistono ipotesi di altra natura intorno agli omicidi compiuti nel 2022; ma anzi, gli indizi raccolti puntano tutti il dito contro Daniele Bedini in modo grave e preciso. Nel faldone è stato ricostruito tutto il modus operandi compiuti dal 36enne di Carrara in quelle ore di giugno, dagli omicidi ai tentativi di occultamento dei cadaveri. Secondo quando stabilito dagli inquirenti, poco dopo la mezzanotte del 5 giugno Bedini uccise prima Nevila Pjetri con tre colpi di pistola alla testa, facendola prima inginocchiare e occultando quindi il corpo sul greto del Parmignola. La donna era salita sull’auto di Bedini all’altezza del distributore Ip di Marinella. L’ipotesi dell’inginocchiamento che la vittima ha dovuto subire prima di venire raggiunta dai colpi di pistola è stata confermata dalla ricostruzione degli inquirenti. Bedini si era quindi liberato del corpo vicino al ponte che affianca il Parmignola, per poi tornare a casa alle prime luci del mattino.

A subire la furia omicida di Bedini era stato quindi Carlo Camilla Bertolotti, parrucchiere transessuale morto intorno alle prime ore del mattino del 6 giugno, anche in questo caso per dei colpi alla testa, nello specifico due colpi. Sul corpo di Bertolotti erano inoltre state rinvenute tracce superficiali di bruciature, probabile tentativo di dare fuoco al corpo per occultarlo, e segni di un uso di un taser. Il cadavere di Bertolotti è stato poi lasciato a poca distanza dal luogo della prima vittima. Per la somiglianza dei due omicidi, le indagini avevano subito ipotizzato che il killer potesse essere la stessa persona. Il maggior sospettato è risultato fin da subito Daniele Bedini grazie soprattutto alla raccolta di alcune sequenze reperite dalle videocamere di sorveglianza intorno all’area degli omicidi, che avevano consentito in un primo momento di individuare l’auto dell’uomo, una Fiat Strada. A incastrare definitivamente Bedini era stato il dna rinvenuto sui mozziconi di sigaretta proprio dentro l’auto, più tracce di sangue di entrambe le vittime. I legali dell’uomo avevano puntato sulla perizia psichiatrica e sulla tesi di Bedini di aver dato momentaneamente la sua Fiat a un extracomunitario, identificato col nome di Alex. Ipotesi che la Corte d’Assise ha smontato in ogni sua forma.