
di Ludovica Criscitiello
Assistere una donna con problemi cardiopatici nel momento più bello, e al tempo stesso, delicato della sua vita: la gravidanza. Dal suo arrivo, a partire dalla 38esima settimana, fino al parto e anche dopo se il bimbo presenta lo stesso problema. È quello che fanno i volontari dell’associazione ’Un cuore un mondo’ che da trent’anni lavorano a stretto contatto con l’Ospedale del Cuore, l’eccellenza apuana conosciuta a livello mondiale per la cura delle malattie cardiopatiche, gestita dalla Fondazione Monasterio. Una delle poche strutture che consente di monitorare una donna a rischio nell’ultimo periodo di attesa. "Tra noi e il personale sanitario si è creato un rapporto di fiducia e collaborazione – spiegano Elisa Bertugelli, Enrica Legname e Samuele Iacopini, tre dei volontari – perchè noi ci occupiamo di tutto ciò che va oltre l’aspetto sanitario". Un supporto psicologico, ma anche carico di abbracci e calore umano fondamentali in momenti di grande sofferenza.
"Un contatto che in questo periodo di Covid è mancato – dicono Elisa ed Enrica –. Le attività ludiche ora sono ferme e per ora qui siamo solo in tre per preservare quanto più possibile, i pazienti dal rischio di contagio. I volontari solitamente sono una ventina e si trovano tra il primo piano dell’ospedale con l’ufficio e il secondo dove c’è il reparto di degenza. Accolgono sia le famiglie dei bimbi che devono essere operati, ma anche quelle delle donne in attesa nelle tre strutture gestite dall’associazione, così da permettere loro di stare vicino ai propri cari. Fanno animazione con i giochi, ascoltano, a volte fanno la spesa per loro. "Un trenta per cento viene da paesi fuori dall’italia, quelli dell’est per esempio, o anche da paesi africani – dicono – e molti di loro arrivano qui con lo stretto necessario quindi a volte hanno bisogno di tutto". Tra le nostre regioni grande richiesta arriva dalla Sardegna dove non c’è una struttura ospedaliera come l’Opa. Ma ’quanto’ costa in termini di carico emotivo tutto questo a un volontario? "Sicuramente non ci si abitua mai ad avere a che fare con la morte – dice Elisa – e quando purtroppo succede che un bimbo non riesce a farcela, è dura anche per noi che per un periodo di tempo anche lungo abbiamo avuto modo di stare con lui, accompagnarlo in questa situazione". È per questo che è nata l’idea di cambiare il percorso di selezione dei volontari e avviare un nuovo corso di formazione per loro, per ora in streaming, entrambi con il supporto della psicologa Giada Cavazzuti.
"Il volontariato – dice Mario Locatelli, presidente di ’Un cuore un mondo’– , si basa sulla disponibilità di tempo che ha una persona e sulla motivazione che c’è dietro: ci devono essere questi due fattori altrimenti non funziona. Per quanto riguarda il corso è stata una scelta vincente a livello motivazionale perchè farlo a distanza non è facile". Nella prima lezione è stato affrontato il tema del rapporto tra volontari e pazienti durante la degenza. Mentre la prossima servirà proprio a capire come affrontare il lutto. "Quando deve succedere l’inevitabile il reparto ci chiama e siamo noi, ovviamente con il supporto di una psicologa, ad aiutare il genitore a iniziare ad accettare la perdita. E quindi un corso che ci fornisca gli strumenti adatti per farlo non poteva non esserci".