
Il migrante imprenditore. Tra i filari del Candia la storia a lieto fine di Francois Baziè
Tra i filari di vermentino del Candia si respira aria di accoglienza. Il microclima apuano è una manna per gli acini che crescono grazie all’agricoltore vinicolo Francois Baziè. Lui produce vino, ma c’è molto di più. Ha 44 anni, la moglie Jacqueline, 4 figli maschi e 2 femmine, la più piccola ha solo 4 anni e il maggiore 23. Si è trasferito in Italia nel 2008, originario del Burkina Faso, ma è cresciuto in Costa d’Avorio. "Lavoravo nei campi in Africa - racconta - poi sono venuto in Italia ad Asti dove ho iniziato a lavorare nelle vigne da lì è nata la passione e l’idea di dare vita a un’azienda tutta mia". A quel punto Francois capisce che quella strada è percorribile così si prepara per tornare in Costa d’Avorio a prendere la famiglia e portarla in Italia. Passano tre mesi e una guerra civile spacca il paese africano "in Costa d’Avorio ero in politica così non potevo più varcare i confini del mio paese – spiega – addirittura sono andati a casa mia a cercarmi. Mi sono ritrovato con la famiglia in Costa d’Avorio e io bloccato ad Alessandria. Sono andato in questura spiegando la mia situazione e da lì è iniziato l’iter per lo status di rifugiato politico e sono partite le pratiche per fare venire qua tutta la mia famiglia".
Francois nel frattempo non sta con le mani in mano, lascia le vigne per andare in fabbrica a fare l’elettricista, al momento deve abbandonare la passione per il vino, in fabbrica pagano di più. "Mi sono anche iscritto alla scuola alberghiera e ho trovato un messicano che mi dava 50 euro a serata nei weekend per fare le pizze in più avevo l’affitto di 250 euro al mese – continua –. Andavo in fabbrica, poi a scuola e nel fine settimana in pizzeria". Passa circa un anno e arrivano i fogli per il ricongiungimento familiare così Francois parte alla volta del Burkina Faso, ma questa volta passando dal Niger perché la Costa d’Avorio è off limits per lui. Trova un modo per fare uscire la moglie e i figli dal paese grazie a una firma di matrimonio e a gruppi di due, seguendo i tempi dei permessi, dopo qualche mese si ricongiungono tutti e 8.
"A quel punto siamo tornati ad Alessandria e in fabbrica ho conosciuto una signora che di professione fa la chimica, che adesso abita in Finlandia. Parlando con lei siamo entrati nell’argomento del vino, mi disse che aveva dei terreni a Ficola, ma che stavano perdendo il diritto d’impianto. Allora incuriosito dalla cosa le ho chiesto di vederli e alla fine abbiamo dato vita alla mia attuale azienda ‘Incandia Bio’. A quel punto con la mia famiglia ci siamo trasferiti a Massa ed è partito tutto". Per lui iniziano i corsi di recupero dei terreni, quelli per i muri a secco, quelli per la potature delle vigne, ha grandi progetti Francois. Nel 2014 parte ufficialmente il progetto della cantina, poi nel 2019 il bando di aiuto erogato dalla Regione Toscana che gli permette di avere i fondi per dare vita a una vera e propria cantina e commercializzare il prodotto. "Abbiamo 2 ettari e mezzo di vigne più uno e mezzo in comodato d’uso. Produciamo vermentino doc del Candia e Rosso doc, in più ho importato la moringa, una pianta che cresce in Africa per la quale ho ricevuto nel 2019 un riconoscimento da Coldiretti dove sono stato premiato dall’allora ministra alle politiche agricole, Teresa Bellanova".
Ma l’Africa Francois non l’ha mai abbandonata, là fa promozione dei vini apuani. "Ho spedito da poco un container con 11mila bottiglie in Burkina Faso e ho dato vita a un negozio con solo vini italiani seguito da un team che fa degustazioni e parlano di vini apuani. Poi ho dato vita all’associazione ‘Voce Africana’ qua in provincia perché vedo molti chiedere l’elemosina e voglio dargli una mano".
Questa è l’altra faccia del progetto di Francois, ossia il sociale. "L’associazione nasce per risollevare chi non riesce a integrarsi e io mi batto per questo – conclude –. Noi africani non siamo abituati a fare le elemosina ma spesso ne vedo tanti per strada che vengono insultati e loro continuano a sorridere per qualche spicciolo. L’obiettivo è quello di inserirli nel lavoro, se vogliono anche nella mia azienda, per un progetto globale che richiama anche il nostro modo di vivere. Adesso sono circa 60 gli associati di 13 nazionalità africane. Migranti arrivati anche con le navi nel porto di Marina di Carrara che hanno in mano dei mestieri ma bisogna dargli gli strumenti per mettersi all’opera".