Cura delle ferite, primato apuano Centro di eccellenza della Toscana

Incidenti stradali o post operazioni, oltre 500 persone l’anno si rivolgono al centro del Monoblocco

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Le ferite non si devono lavare con l’acqua ossigenata o altri disinfettanti, ma solo con soluzione fisiologica o acqua del rubinetto. Parola di Sonia Brizzi, Claudia Sergiampietri e Cinzia Datteri, le tre infermiere del centro ‘wound care’, un nome un po’ strano che italiano significa ‘cura delle ferite’. Un ambulatorio guidato da tre professioniste delle lesioni agli arti inferiori che si trova al primo piano del Monoblocco. E che siano brave non lo dicono solo i pazienti, ma anche il dottor Massimo Gattini, un medico ginecologo che sa cosa vuol dire una ferita: "Avevo una ferita lacero contusa – racconta Gattini – e nonostante abbia fatto il chirurgo per 40 anni avevo iniziato a curarla male, una ferita come la mia sarebbe guarita ma con molta sofferenza. Mi hanno indirizzato verso il centro di cura delle ferite, che non conoscevo, e ora sono quasi guarito. Queste infermiere sono delle vere professionalità e mi hanno curato con dei bendaggi, una cosa per me nuova". Il centro in questione è un ambulatorio specializzato nella cura delle ferite e delle ulcere cutanee attraverso il processo di guarigione in ambiente umido, in contrapposizione alla filosofia ancora dominante della cura a secco.

"La prima cosa da fare è quella di capire l’origine della ferita", assicura Sonia Brizzi che come le sue colleghe si è specializzata in wound care con un master del professor Marco Romanelli dell’Università di Pisa. A loro si rivolgono circa 500 persone l’anno, tra feriti da incidenti stradali, ulcere venose e ferite chirurgiche che non guariscono. "Una volta capito il motivo della ferita – prosegue Sonia Brizzi – si può procedere con la cura. Le lesioni ci parlano e sta a noi interpretarle per effettuare il trattamento più appropriato. Per quanto riguarda l’autocura è necessario smentire i miti del passato".

"Sulle ferite non va messo lo iodopovidone (il Betadine per intenderci, ndr) né altri disinfettanti lesivi per le cellule sane né tantomeno l’acqua ossigenata. Occorre utilizzare detergenti con ph fisiologico e cioè con 4,5-5,5, perché rispettano la nostra pelle, evitando la secchezza, un problema che nelle persone anziane è già presente naturalmente. Si deve intervenire appena si crea una ferita usando l’acqua fisiologica (acqua e sale) o l’acqua del rubinetto e poi ad esempio applicare un idrocolloide – una medicazione che contiene agenti gelificanti in un composto adesivo – le ferite non hanno bisogno di essere disinfettate. Anche usare le garze è sbagliato. Le ferite vanno curate subito bene, ma spesso non è così perché la concezione di curarle a secco, cioè con i disinfettanti è ancora dilagante. Sbagliato usare anche la ciambella o il vello di pecora per la prevenzione delle piaghe da decubito, sono concezioni del passato da abbandonare. Quando ci si trova davanti a ferite che non guariscono, è importante che gli utenti sappiano che esiste il nostro servizio, al quale potersi affidare e dove si può accedere semplicemente con la richiesta del medico curante. Il nostro ambulatorio risponde per dare gli appuntamenti allo 0585 65.52.88 martedì e giovedì dalle 14 alle 18 e il mercoledì dalle 8 alle 12".

Le infermiere collaborano con tutta una rete di medici specialisti dai quali indirizzare i pazienti quando la diagnosi non è presente. Un vero e proprio punto di riferimento per tutta la sanità toscana, anche grazie alla loro professionalià ed esperienza che da anni è stata messa al servizio del cittadino, molte volte alle prese con delle cure fai da te che non si rivelano efficaci.

Alessandra Poggi